1. Nuraghe Santu Antine (Torralba) e
Nuraghe Oes (Giave).
Da Bonorva, si imbocca la strada
provinciale che conduce all'innesto della statale 131 Carlo Felice: qui si
svolterà a destra in direzione di Sassari e, percorsa una decina di
chilometri, si uscirà allo svincolo per Thiesi. Appena raggiunta la strada
provinciale si troveranno poi le indicazioni per il vicinissimo Nuraghe Santu
Antine che, conosciuto anche come "Reggia nuragica" per la sua
imponenza, costituisce una delle costruzioni megalitiche più importanti del
Mediterraneo occidentale. La sua struttura armoniosa e complessa rappresenta
l'espressione più tipica della cultura architettonica protosarda. Il
monumento, che ha le sembianze piuttosto rudimentali di una grande fortezza -
castello, è costituito da una torre centrale a tre piani (la più alta, con 18
metri al culmine, di tutta la Sardegna), attorno alla quale si articola un
bastione di forma triangolare con tre torri ai tre angoli: secondo le
conclusioni delle più recenti ricerche torre e bastioni
dovrebbero risalire a due fasi di costruzione distinte, ma ravvicinate nel
tempo (XV - XIV secolo a.C.). All'interno piani che si sovrappongono,
labirintici corridoi con volte a ogiva, un pozzo per l'approvvigionamento
idrico nel cortile, e la pesante mole dei grandi massi tenuti insieme solo
dalla forza di gravità.
La “reggia nuragica” di Santu Antine presso Torralba,
una delle architetture megalitiche più complesse e raffinate dell’area
Mediterranea.
Attorno alla fortezza un villaggio
nuragico con capanne circolari e successive costruzioni a pianta rettilinea
che testimoniano una frequentazione del luogo anche in età romana. Gli
oggetti ritrovati nel corso degli scavi sono esposti in parte al Museo Sanna
di Sassari, in parte nel vicino Museo della Valle dei Nuraghi a Torralba.
Valle dei Nuraghi è appunto il nome attribuito a questo comprensorio, di
eccezionale interesse archeologico, sul quale dall'alto del Nuraghe Santu
Antine, a conferma dell'importanza strategica del monumento, la vista spazia
con libertà grandiosa. Si tratta di una vasta pianura circondata da alture e
rilievi vulcanici, proprio nel cuore del Meilogu: qui la fertilità dei
pascoli e la ricchezza delle sorgenti diedero origine a una straordinaria
fioritura di insediamenti nuragici tra l'Età del Bronzo medio (1600-1300
a.C.) e gli inizi dell'Età del Ferro (900-535 a.C.) che ha lasciato, in
un'area di 36,7 chilometri quadrati, i resti di circa 30 nuraghi e 10 tombe
di giganti: fra questi spicca, oltre al Santu Antine, il Nuraghe Oes, in
territorio di Giave, ma facilmente raggiungibile a piedi dalla stazione di
Torralba, seguendo un sentiero parallelo ai binari. E un nuraghe a tholos
(copertura a falsa volta) di tipo complesso, trilobato con addizione
frontale: alla torre centrale, o mastio, si aggiungono altre due torri più
basse, di cui ara restano solo pochi ruderi. Il muro di rifascio, con cui le
tre torri si congiungevano al mastio, si deve considerare come la cortina di
un bastione difensivo. Della torre centrale rimangono due piani. All'interno
gli ambienti sovrapposti erano divisi da solai in legno appoggiati alle
pareti su riseghe. Al piano superiore è ben visibile una finestra con
"arco di scarico" di forma triangolare, che ricorda quelle del
Tesoro di Atreo o della Porta dei Leoni a Micene. Nei dintorni sorgono altri
monumenti di notevole mole e interesse, quali il Nuraghe Ruju (a due torri),
i Nuraghi Culzu, Longu e Padru, a un'unica torre, e una tomba di giganti con
il vicino Dolmen Su Crastu Covaccadu. La maggiore concentrazione di nuraghi
si ha presso il Rio Mannu e lo spartiacque di Cabu Abbas, zona che fu con
ogni probabilità florido centro di commerci in contatto con diverse aree del
Mediterraneo, così come testimoniano i numerosi ritrovamenti esposti al Museo
Sanna di Sassari e al museo di Torralba.
2. Torralba: Museo della Valle dei Nuraghi.
Si ritorna adesso in direzione della statale 131, la si sottopassa e,
immediatamente dopo il cavalcavia, si svolta a destra per Torralba, distante
un paio di chilometri. Al centro dell'abitato visiteremo il Museo della Valle
dei Nuraghi, sorto nel 1988 e organizzato secondo due linee di sviluppo
tematico: etnografica e archeologica. La particolarità della sezione
etnografica (che occupa due sale del piano terra) sta nel proporre mostre
temporanee a tema sulla cultura e le tradizioni sarde, come l'uomo e il
cavallo, l'abbigliamento popolare, il vino o l'olio. La sezione archeologica
(in esposizione permanente su quattro sale e un giardino lapidario esterno) è
dedicata a testimonianze e reperti del territorio, dal periodo prenuragico al
Medioevo. Il fulcro dell'esposizione è il Nuraghe di Santu Antine, ma presto
nuovi reperti del periodo romano si affiancheranno alle dodici pietre miliari
ben esposte (carta delle strade romane, calchi, trascrizione e spiegazione)
nel giardino interno.
3. Thiesi: Nuraghe Fronte Mola.
Da Torralba si percorre a ritroso la strada fatta all'andata, fino ad
immettersi nella statale 131 bis nei pressi della sua confluenza nella 131
Carlo Felice: ma qui svolteremo a destra, in direzione di Thiesi, distante
poco più di cinque chilometri. Oltrepassata Thiesi, si procede ancora sulla
131 bis verso Ittiri per incontrare dopo un paio di chilometri il bivio, a
sinistra, per Romana: lo si supera e, dopo poche centinaia di metri, lasciata
l'auto, si penetra nella macchia che avvolge e quasi nasconde alla vista il
Nuraghe Fronte Mola, interessante struttura megalitica a corridoio che sorge
all'estremità meridionale della piccola cresta rocciosa fra
il bosco di Su Sauccu e quello di Leori.
Il nuraghe di Monte Mola, dall’insolita pianta
rettangolare, sorge in territorio di Thiesi, in una zona boscosa lungo la
strada per Ittiri
L'ingresso si apre su un corridoio
con quattro celle laterali, una delle quali crollata. La caratteristica di
questa struttura consiste nella mancanza di cupole: la costruzione presenta
infatti angoli quasi retti con stipiti e architravi. È uno dei pochi nuraghi
a pianta rettangolare. Un plastico di questo monumento di particolare
interesse per la sua rarità tipologica è esposto al Museo Sanna di Sassari.
4. Bessude: Ipogei di Enas de Cannuja.
Ancora qualche chilometro di strada statale per Ittiri e, appena superata la
casa cantoniera di Pianu, si svolta a sinistra in uno sterrato che, dopo circa
un chilometro, conduce alla località Enas de Cannuja dove, su un impervio
costone di roccia tufacea, si allineano cinque o sei tombe ipogeiche a domus
de janas. Benché il sito si trovi in pessimo stato di conservazione per lo
sfaldamento della roccia, una delle tombe, nota come Tomba dei Pilastri
Scolpiti, è veramente interessante. È composta di due soli vani: un'anticella
e una cella rettangolare. Si presume che le pareti dell'anticella fossero
decorate, ma ormai non restano che poche tracce di colore rosso. La cella
rettangolare presenta al centro due pilastri, ricavati nella roccia, decorati
con una serie di V incise disposte a spina di pesce. La volta riproduce un
tetto a doppio spiovente con la trave di calmo in rilievo che poggia sui
pilastri. Il portello è decorato da una serie di doppie corna. Nella parete
di fronte all'ingresso si nota il contorno di una falsa porta. Sono presenti
in questa tomba molti degli elementi che caratterizzano le domus de janas: le
corna del toro, simbolo della forza riproduttrice della natura, il motivo
della falsa porta che doveva consentire all'anima il passaggio nel mando dei
morti, la pittura rossa che, richiamando il colore del sangue, rappresenta la
vita.
5. Thiesi: Domus de janas di Mandra Antine.
Ritornati sulla statale 131 bis, la si percorre a ritroso, fino a superare di
poche centinaia di metri il punto in cui la si è lasciata poco fa per
visitare il Nuraghe Fronte Mola: al bivio si svolta a destra per Romana e,
dopo poco più di cinque chilometri, aiutati dai cartelli segnaletici, di
nuovo a destra in uno sterrato che conduce alle domus de janas di Mandra
Antine, fra le più famose della Sardegna. Si tratta di sepolture scavate
nella roccia, risalenti alla "Cultura di Ozieri" (3500-2700 a.C.).
La domus di maggiore interesse è detta anche "Tomba dipinta",
perché le pareti e il soffitto sono istoriati di vivaci pitture. La presenza
di motivi decorativi architettonici, come lesene e paraste, induce a pensare
che questo tipo di tomba volesse riprodurre le abitazioni dei vivi. Al culto
dei defunti appartengono invece la falsa porta dipinta, attraverso la quale
l'anima passava nel regno dei morti, e le corna taurine (simbolo della forza
riproduttrice della natura), da cui pendono dischi interpretati come
raffigurazioni del sole. Motivi a clessidra rappresentano forse la divinità
femminile. Tutti questi elementi sono dipinti con colori accesi come il
giallo, il nero e soprattutto il rosso, che rappresenta il sangue e la vita.
6. Cheremule:
Nuraghe Majore.
Ripresa la provinciale per Romana, dopo poco più di due chilometri si vedrà
apparire sulla sinistra della strada, in cima a un'altura, la bella torre del
Nuraghe Majore, edificata in grandi massi di basalto ben squadrati e ben
disposti.
La snella torre del Nuraghe Majore di Cheremule domina
la strada provinciale che da Thiesi conduce a Romana
Per accedervi bisogna scalare il
dirupo su cui il nuraghe è costruito. All'interno presenta a destra una nicchia
e a sinistra una rampa a spirale che conduce alla cima. Nella camera centrale
sono disposte tre nicchie a forma di croce. Dalla sommità del nuraghe la
vista spazia su un suggestivo paesaggio agreste.
7. Cheremule: Area archeologica di
Museddu.
Ora conviene fare dietrofront e risalire la provinciale fino a raggiungere
nuovamente il bivio della statale 131 bis, dove svolteremo a destra in
direzione di Thiesi e, superatala, proseguiremo fino a incontrare sulla
destra il bivio per Cheremule, piccolo paesello in bella posizione elevata in
prossimità de lla vetta del
Monte Cuccuruddu.
Impianti produttivi romani nell’area archeologica di Museddu presso
Cheremule
Da Cheremule, per la via Vittorio Emanuele,
imboccheremo adesso la strada, solo in parte asfaltata, che scende quasi in
linea retta alla statale 131 e lungo la quale s'incontra, sul lato destro,
una concentrazione non comune di siti archeologici di notevole interesse.
Percorso circa un chilometro, si svolterà a destra, quindi subito a sinistra,
procedendo fino ad un secondo abbeveratoio dove si parcheggerà l'auto, per
poi prendere a piedi un sentiero sulla destra che conduce all'area
archeologica di Museddu, di non facile individuazione. Qui si può osservare
innanzitutto una vasta necropoli risalente al Neolitico recente (3500-2700
a.C.) e comprendente non meno di diciotto domus de janas, alcune delle quali
di notevole complessità planimetrica e ricche di elementi decorativi relativi
ai modelli domestici: focali, architravi, scale, partizioni architettoniche
varie. Particolarmente suggestiva la tomba XVI, detta "Sa Presone".
Nella stessa area si distinguono decine di antichi impianti produttivi
scavati nella roccia, forse destinati alla vinificazione: vasche talora
comunicanti, pozzetti e canalette. In base ai materiali ceramici rinvenuti
tutte queste opere sono collocabili in età romana tardo - imperiale. Alcuni
degli impianti riutilizzano i vani delle domus de janas preistoriche. Nel
costone occidentale sono riconoscibili i segni di una cava di pietra,
anch'essa databile all'epoca romana.
8. Cheremule: Tomba Branca.
Si ritorna adesso sulla strada principale e si procede per altri due
chilometri, fino ad avvistare la centrale elettrica: 300 metri prima di
quest'ultima, si svolterà a destra e si proseguirà sempre dritto per circa un
chilometro, fino alla Tomba Branca (anche questo sito non è di facile
individuazione). L'ipogeo, scavato nella roccia calcarea, risale al Neolitico
recente (3500-2700 a.C.). Fa parte di un complesso ipogeico situato in
località Tennero e si trova isolato sul lato occidentale della piana detta di
"Mesu s'Ena". Conserva interessanti testimonianze dell'arte
preistorica: sull'anticella d'ingresso è infatti scolpito un gruppo di figure
antropomorfe, molto stilizzate, risalenti alla stessa epoca della tomba. La
composizione forma un cerchio e le figure sembrano rappresentare una danza
tribale (secondo altre ipotesi sarebbero invece impegnate in una battaglia).
Copia dell'anticella è esposta al Museo Sanno di Sassari. Purtroppo un
accesso moderno, in stile "rurale", con una pavimentazione selciata
sovrapposta a un antico sentiero e costeggiata da muretti di delimitazione,
ha prodotto un impatto ambientale molto forte, che contrasta con la bellezza
del sito. Visitata la Tomba Branca, si prosegue per la stessa strada fino
all'innesto nella 131 Carlo Felice, della quale si dovranno percorrere un
paio di chilometri in direzione di Sassari: usciti al successivo svincolo, si
raggiunge Thiesi in pochi minuti.
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