Arzachena
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Altitudine: m 85 Superficie: kmq 228,61 Abitanti: 10.406 |
La Roccia del Fungo |
Quello che fu
un dimesso villaggio di pastori e di contadini (nel 1962, quando la Costa
Smeralda, che è compresa nel suo territorio, era appena ai suoi albori,
Arzachena aveva 4.626 abitanti: meno della metà di quanti ne conta oggi) è
ora diventato una cittadina attiva e vivace. Il suo nucleo originario sorge
ai piedi di aspre rocce granitìche che i venti hanno modellato in cavità e
bizzarre sculture naturali: una di queste, chiamata il Fungo per la sua forma,
e che in età lontanissime offerse riparo agli abitatori di questi luoghi, si
leva al di sopra delle case del paese dalla sommità del Monte Incappiddatu
(Monte col cappello). Il suo vastissimo territorio (circa 23.000 ettari di
superficie: uno sviluppo costiero di 125 chilometri), in buona parte
pianeggiante, ricco d'acqua e protetto dai venti dalle colline e dalle
alture rocciose che lo circondano, dove erano frequenti le cavità (i tafoni)
aperte nelle rocce granitiche dagli agenti naturali, che costituivano un
rifugio comodo e sicuro, offriva ai popoli primitivi condizioni di vita
altamente favorevoli. Neppure il mare, quasi sempre calmo nei fiordi che
s'insinuano profondamente nella costa, poteva costituire una minaccia.
Questo spiega il gran numero di antichissimi insediamenti umani dei quali
restano le testimonianze. Fu così anche in età più recenti: i romani
istituirono una stazione (Turìbulum Minus} nelle vicinanze dell'attuale
Arzachena; questo borgo ebbe qualche rilievo anche nel periodo giudicale: Arseguen,
come era chiamato a quel tempo, fece parte della curatoria di Unale nel
Giudicato di Gallura. La
decadenza iniziò già sul finire della civiltà giudicale: intorno alla fine
del Trecento questo territorio era già disabitato, poiché le insidie che
venivano dal mare, prima fra tutte quella delle incursioni dei pirati,
provocarono lo spopolamento di tutte le regioni costiere della Sardegna. Il
ripopolamento avvenne soltanto molto più tardi, in pieno Settecento, quando i
pastori della montagna presero a raccogliersi, nella stagione della
transumanza, intorno alla Chiesa di Santa Maria Maggiore e poi, per gradi,
qui si insediarono stabilmente con le loro famiglie. Il villaggio, dopo la
costruzione della nuova chiesa parrocchiale di Santa Maria della Neve, nel
1776, si sviluppò rapidamente. Tuttavia
Arzachena restò frazione di Tempio ancora per lungo tempo: ottenne
l'autonomia comunale, dopo aspre lotte, soltanto nel 1921, quando già
contava più di tremila abitanti. A cambiare radicalmente la vita di quello
che era stato, e continuava ad essere, un quieto paese di contadini e di
pastori, fu, all'inizio degli anni Sessanta, la nascita della Costa Smeralda,
primo nucleo di un impetuoso, e spesso disordinato, sviluppo turistico, che
ha finito per interessare, con varia intensità, tutta la costa compresa nel
territorio di Arzachena. Ne è seguito l'abbandono pressoché totale della
pastorizia e dell'agricoltura a favore del settore terziario e dell'industria
edilizia. Lo sviluppo
turistico ha orlato di costruzioni che si addensano in prossimità del mare
e si spingono, via via più rade sulle alture, il Golfo di Arzachena, profondo fiordo posto all'estremità
settentrionale di questo territorio: Cannigione, un tempo esiguo gruppo di casette di pescatori, è ora un
grosso centro intensamente abitato durante l'estate (al margine meridionale
del golfo la foce di un piccolo corso d'acqua crea una zona umida di qualche
interesse naturalistico, poiché è popolata da un gran numero di uccelli
acquatici di varie specie). Più a nord, lungo la costa orientale del golfo
sono sorti altri insediamenti: Cala Bitta e poi, alle spalle di un'insenatura
che fu un piccolo approdo militare, Baja Sardinia. Poco oltre è stato
fittamente colmato di costruzioni quello che fu un profondo fiordo dalle
acque terse e quiete, Portu Quatu (Porto Nascosto), di là dal quale si
giunge al confine della Costa Smeralda, e subito dopo ai suoi primi nuclei,
che hanno conservato gli antichi nomi galluresi: Pitrizza (dove è sorto un
albergo di grande prestigio). Liscia di Vacca, Cala Granu; oppure hanno
assunto nuovi nomi leziosi (Dolce Sposa, Cala Romantica). Subito dopo ci si
affaccia su Porto Cervo che,
sorto intorno alla ormai notissima Piazzetta, si è poi dilatato fino a
invadere per gradi le alture che lo circondano. I porti sono due, entrambi
ben protetti: all'ampio Porto Vecchio si è aggiunto la nuova Marina, lungo i
cui innumerevoli moli si assiepano imbarcazioni di varia dimensione e grado
di eleganza. In alto, sul colle che si leva sul porto, la candida Chiesa di
Stella Maris: vi sono custoditi un antico organo ed un dipinto, una Mater
dolorosa, attribuito a El Greco. Il bel portale di bronzo è opera dello
scultore Luciano Minguzzi. Più a sud,
in un incessante alternarsi di splendide spiagge (quelle del Pevero, di Capriccioli, di Liscia Ruja, della
Celvia, di Petra Ruja, di Razza di Juncu, del Principe, per citarne alcune)
e di tratti di costa rocciosi, non meno suggestivi, vi sono altri
insediamenti: fra gli altri quelli del Pevero, di Cala di Volpe (fra i più
eleganti l'albergo che ne porta il nome), del Romazzino. Ma il
territorio di Arzachena, oltre alle attrattive del mare e delle coste, offre
non ordinari motivi d'interesse anche sotto il profilo archeologico. Vi si
contano diverse necropoli preistoriche costituite da circoli megalitici
risalenti alla Cultura di Ozieri (3500-2700 a.C.). La Necropoli di Li Muri è
costituita da cinque "ciste dolmeniche", cassette prive di
apertura formate da lastre di pietra infisse nel terreno, ciascuna delle
quali è circondata da un circolo di pietre fitte disposte in cerchi concentrici,
che dovevano salvaguardare dal dilavamento il tumulo che le ricopriva. Tra i
sepolcri vi sono tre piccoli recinti quadrangolari e resti di stele,
interpretati come elementi del rituale funerario. All'interno di alcune
tombe furono trovati oggetti di corredo, ora esposti nel Museo Sanna di
Sassari e nel Museo archeologico di Cagliari. Non molto lontana è la Tomba
di Li Lolghi, una delle più grandi tombe di giganti della Sardegna. Il
monumento, posto su un'altura, fu edificato in due fasi distinte. Un'altra
tomba di giganti, quella detta di Coddu Vecchiu, o di Capichera, si trova a
sud-ovest di Arzachena, a breve distanza dalla strada per Sant'Antonio di
Gallura. Anche questa fu costruita in due fasi distinte: intorno alla metà
del II millennio a.C. fu costruita una tradizionale tomba a galleria, alla
quale, nella seconda fase, fu aggiunta l'esedra semicircolare tipica delle
tombe di giganti. I reperti che vi si sono rinvenuti appartengono alle
culture di Monte Claro (2000 a.C.) e di Bonnanaro B (1700 a.C.) e all'età
nuragica. Non lontano da Arzachena, prossimo alla strada per Olbia, è il
Nuraghe Albucciu, che risale all'età del Bronzo medio (1600-1300 a.C.) ed è
del tipo a corridoio. La struttura, in blocchi di granito non squadrati,
sfrutta un'emergenza rocciosa. Nel Nuraghe Albucciu sono stati trovati
materiali di notevole interesse, ora custoditi nel Museo Sanna di Sassari, in
particolare frammenti di lingotti di rame di tipo cretese-cipriota. Nella
stessa zona, a qualche distanza dal nuraghe, vi è il tempietto nuragico di
Malchittu, uno dei pochi esempi noti di edificio nuragico a mègaron, con
ingresso delimitato da due ante murarie, e il solo che abbia pianta
ellissoidale. L'edificio, sostanzialmente intatto se non per la copertura
crollata, è suddiviso da un muro trasversale in due ambienti: un vestibolo
rettangolare e una camera absidata, cui si accede per un portale con
architrave. |