Olbia
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Altitudine: m 15 Superficie: kmq
376,10 Abitanti: 43.772 |
La chiesa romanica di San Simplicio |
Olbia sembra essere
posseduta da una forza espansiva che la spinge a una crescita senza pause né
limiti. In cinquant'anni il
numero dei suoi abitanti si è poco meno che triplicato: nel 1951 non erano
più di 15.000. Sorta all'estremo limite
occidentale di una lunga propaggine del golfo al quale ha dato il nome, la
città è andata dilagando tutt'intorno, fino ad invadere una vasta estensione
della pianura chiusa da una corona di alti colli granitici. Alla felicità della sua
posizione e alla relativa vicinanza alle coste della penisola, Olbia dovette
quel che di buono e di meno buono ebbe dalla storia. Fondata dai cartaginesi
fra il V e il IV secolo a.C., divenne città opulenta e sede di traffici
intensi dopo la conquista romana del 238 a.C., che diede l'avvio alla
colonizzazione del territorio. Segui un lungo periodo
di decadenza che si concluse intorno all'anno Mille, quando (il suo antico
nome si era mutato in Civita) divenne capitale del Giudicato di Gallura. L'età prospera ebbe fine
con la dominazione spagnola: gli aragonesi avevano scarso interesse per gli
approdi orientali dell'isola, ed alla condizione di marginalità si
aggiunsero l'insidia delle incursioni piratesche, l'e-sosità dei feudatari e
il dilagare della malaria. La ripresa, avviata sotto
il governo sabaudo, fu lenta: ancora nel 1846 il borgo (che aveva di nuovo
cambiato nome: ora si chiamava Terranova Pausania) non aveva più di 1122
abitanti. Dal 1839 erano stati
ripresi i collegamenti navali fra il porto gallurese e quelli della penisola.
Ma nel 1882 l'approdo fu
trasferito a Golfo Aranci, dove già era giunta la linea ferroviaria. Ne seguì una lunga lotta
che si concluse soltanto nel 1919 col ritorno delle navi nel porto di
Terranova. La città (che per decreto
del governo fascista riprese nel 1939 l'antico nome di Olbia) andò per
gradi riacquistando la vitalità perduta. La nuova fase di crescita
tumultuosa, che ha fatto di Olbia una realtà urbana dilagante e in larga
misura disordinata, è stata determinata dalla rapida espansione del turismo e
delle attività economiche che al turismo sono in qualche modo legate.
Ai due lati della città
spiagge di bellezza non ordinaria (quelle di Porto Istana, della Costa
Dorata, delle Saline, di Pittulongu, di Rena Bianca, di Punta Volpe e molte
altre ancora) si alternano alle alte scogliere, ai promontori, alle rocce
granitiche scolpite dal mare e dal vento in forme bizzarre. Ma il dominio di Olbia
offre anche altre attrattive e altri motivi d'interesse. Di grande rilievo la
Reggia nuragica di Cabu Abbas, che si leva su un colle pochi chilometri a
nord della città. È un nuraghe monotorre,
in parte crollato, al centro della cui camera principale è scavato un pozzo,
difeso da una muraglia circolare alta fino a 5 metri, forse costruita in età
prenuragica. A poche centinaia di
metri si trova la Tomba di giganti di Monte de S'Abe, anch'essa di età nuragica; se ne sono conservati il
corridoio insolitamente lungo (poco meno di 30 metri), l'emiciclo destinato
ai riti delimitato da pietre infisse nel terreno e un bancone-sedile.
D'interesse non minore il tempio a pozzo nuragico di Sa Testa proprietà
privata. Altre rovine di grande
interesse si trovano nel giardino della Villa Tamponi. Al limite settentrionale
della città, in una zona chiamata Sa Rughittola, vi sono i resti
dell'acquedotto romano che faceva giungere nel centro urbano, coprendo una
distanza di oltre 3 chilometri, l'acqua delle sorgenti di Cabu Abbas; le
condutture erano sotterranee per un tratto, poi erano sostenute da una
serie di arcate che ne manteneva la pendenza necessaria. Il monumento più
importante d'età medioevale è la Chiesa di San L'originaria struttura
in granito fu in seguito alleggerita con inserimenti in cotto e laterizio. La bella chiesa è al
centro della "Festa Manna", la più importante della città, che si
svolge dal 15 al 17 maggio. 1 resti dell'acquedotto romano |