Alghero
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Altitudine: m. 7 Superficie: kmq 224,43 Abitanti: 40.594
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La città e il porto visti dal mare
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Posta
all'estremità orientale della baia alla quale da il nome, Alghero gode degli
straordinari privilegi che la natura e la storia le hanno concesso.
Privilegiata è la sua posizione: la città, alle cui spalle sono le fertili
pianure della Nurra e, più a sud, la grande distesa verde di antichi oliveti,
si affaccia sul mare e guarda verso la barriera di spettacolari formazioni
rocciose che da nord-ovest la protegge dalle raffiche impetuose del
maestrale, le bianche falesie della Punta del Giglio [il e di là da queste,
oltre la baia di Porto Conte, l'imponente sperone roccioso di Capo Caccia,
nei cui fianchi la violenza assidua del mare, cospirando con le segrete vene
d'acqua che corrono nel sottosuolo, ha scavato la celebre Grotta di Nettuno,
che penetra profondamente nella roccia con una stupefacente successione di
ambienti vastissimi, di laghi sotterranei, di elaborate sculture di
concrezioni calcaree. A breve distanza da questa, ma sull'altro lato del
promontorio roccioso e una settantina di metri più in alto, si apre un'altra
grande cavità, la Grotta Verde, che ha offerto agli studiosi un ricco
patrimonio di reperti che documentano la presenza dell'uomo nella regione
fin dal Neolitico antico. E, tutt'intorno ad Alghero si distende una costa
fra le più belle della Sardegna, ricca d'insenature, di splendide spiagge,
di alte scogliere. Ma la città
stessa, non meno dei luoghi che la circondano, possiede innumerevoli fonti
di suggestione e motivi d'interesse. Il suo centro storico, sicuramente fra
i più belli della Sardegna, ha conservato integra l'antica coerenza
architettonica. Vi è ancora evidente l'impronta catalano-aragonese, che si
manifesta nell'architettura di palazzi, chiese, fortificazioni, oltre che
negli usi e nella parlata degli algheresi. Un'antica strada del centro
storico Chi entri
nell'Alghero antica attraverso la Porta a Mare, che collegava il porto col
cuore della città murata, giunge nell'armoniosa Piazza Civica, che oggi è in
qualche modo il salotto degli algheresi, sulla quale si affaccia il Palazzo
d'Albis, bell'edificio in stile gotico-aragonese del XVI secolo che fu residenza
del governatore della città; più tardi vi soggiornò il viceré sabaudo, che
prestava giuramento ad Alghero prima d'insediarsi a Cagliari. Ad una delle
belle finestre gotiche del Palazzo d'Albis, secondo una leggenda che trova
qualche credito, si affacciò nel 1541 il sovrano di Spagna Carlo V, che aveva
sostato ad Alghero durante la sfortunata impresa di Tunisi. Non
lontano, dal lato opposto, si apre la piccola piazza del Duomo, dominata
dalla Cattedrale di Santa Maria, bella chiesa che subì diversi rifacimenti.
Dell'originale impianto gotico-catalano, che risale alla metà del XVI secolo (ma
le strutture più antiche, di una primitiva chiesa parrocchiale, sono del XIV
secolo), oggi sono riconoscibili soltanto l'ampio presbiterio e il campanile
a pianta ottagonale sopra la cappella absidale. La cattedrale fu consacrata
fra il 1593 e il 1594; in seguito, dopo imponenti e interminabili lavori di
restauro e ristrutturazione, dovette essere di nuovo consacrata nel 1730.
La facciata neoclassica è del tardo Ottocento. Poco oltre la cattedrale,
nella via Principe Umberto, sorge il Palazzo Machin, che oggi viene chiamato
Casa Doria, bell'edificio del XVI secolo nel quale si fondono la cultura
architettonica catalana e quella aragonese; ha belle finestre gotiche e
portale catalano. Sulla piazza Vittorio Emanuele si affaccia il Teatro
Civico, unico teatro in legno ancora esistente in Sardegna. Fu ultimato nel
1860 (ma il progetto risaliva a molti anni prima) dal cagliaritano Dessi
Magnetti che costruì il palcoscenico. Il teatro, la cui facciata è di taglio
rinascimentale, ha quattrocento posti, con tre file di palchi e il loggione.
Danneggiato dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale, fu poi
restaurato. Nella vicina piazza Ginnasio sorge la Chiesa di San Michele, in
stile barocco, che ha la cupola rivestita di ceramica policroma. Lungo la
via Carlo Alberto s'incontra la Chiesa di San Francesco, che deve
essere considerata uno dei capolavori architettonici esistenti in Sardegna.
La costruzione si compì in due fasi, la prima nella seconda metà del XIV secolo,
la seconda verso la fine del XVI: è del
Trecento la parte inferiore della facciata decorata da un rosone romanico;
la parte superiore è una soprae-levazione del tardo Cinquecento. Di linea
severa l'interno a tre navate. L'attiguo chiostro romanico, restaurato con
grande rigore, è di frequente la suggestiva cornice di manifestazioni
musicali e d'incontri culturali. La spiaggia di San Giovanni
La città fu
dominio dei genovesi Doria dai primi anni del XII secolo, e poi, dal 1353,
degli aragonesi, che esercitarono con durezza il loro potere. Ai dominatori,
tuttavia, la città dovette la cerchia di fortificazioni che la cinse fino a
quando, nel corso dell'Ottocento, ne fu abbattuta gran parte. Oggi ne restano
i Bastioni, numerose torri e un breve tratto delle antiche mura. A segnare
l'angolo settentrionale della cinta delle fortificazioni vi è il Forte della
Maddalena, complesso nel quale è inglobata la Torre della Maddalena e che si
leva massiccio sul porto. I Bastioni, che per un lungo tratto dividono la
città dal mare, sono diventati una passeggiata di grande suggestione. Dal
tratto che si leva sulla più antica banchina del porto, i Bastioni Magellano,
si gode una splendida vista su tutto il golfo, fino alla spiaggia di San
Giovanni e ancora oltre. Proseguendo, dopo i Bastioni Pigafetta si trovano
quelli intitolati a Marco Polo, che vanno dalla Torre di San Giacomo alla
facciata del vecchio ospedale marino Regina Margherita. Questo tratto dei
Bastioni comprende un primo slargo, chiamato Bastione di San Giacomo, quindi
il Bastione del Mirador, infine il Bastione delle Salve, sul quale erano
installati i cannoni ai quali spettava il compito di sparare le salve di
saluto della piazzaforte. L'ampia cerchia dei Bastioni si conclude con i
Bastioni Cristoforo Colombo, che sfociano nell'ampia piazza Sulis, dove la
Torre dell'Espero Reial (ma più comunemente viene chiamata Torre di Sulis,
perché per ventidue anni, dal 1799 al 1821, vi fu tenuto prigioniero il
patriota cagliaritano Vincenzo Sulis) ne segna il punto terminale. Dal lato
opposto a quello del mare, lungo il perimetro delle antiche mura, restano la
Torre di Porta a Terra, costruita nel Quattrocento per iniziativa della comunità
ebraica algherese, e la Torre diSan Giovanni, massiccia costruzione a pianta
circolare. D'interesse
non minore, e di bellezza non ordinaria, sono la costa che si distende a sud
e a nord della città e il territorio alle sue spalle. A sud la costa, lungo
la quale corre la strada per Bosa, è segnata dalla fitta successione di
piccole insenature di Cala Bona. A monte della strada si aprono, tra la
folta macchia, numerose grotte abitate fin dall'età prenuragica. A nord, fin
dal limite della città, si apre l'ampio arco delle spiagge - quella di San
Giovanni prima, e poi quella di Maria Pia, protette per lunghi tratti da
dune e da pinete - che si conclude in prossimità di Fertilia. Alle spalle
del tratto terminale vi è la vasta distesa d'acqua dello stagno di Calich,
nel quale sfociano alcuni corsi d'acqua e che collegato al mare da un canale.
Più oltre, la strada che collega Alghero con Porto Conte e Capo Caccia è
fiancheggiata dalla rigogliosa pineta di Arenosu. Non lontano, sulla sinistra,
si trovano le spiagge delle Bombarde e della Cala del Lazzaretto, sulla
quale si leva una torre seicentesca. Pochi chilometri più avanti, ma a destra
della strada, vi è il Nuraghe Palmavera, esempio di nuraghe
complesso di grande interesse. È composto da due torri; quella centrale, più
antica, risale al XV secolo a.C. (Età del Bronzo medio); a questa, circa tre
secoli più tardi, furono aggiunte una nuova fascia muraria di forma ellittica
e una seconda torre a protezione dell'ingresso. Intorno al nuraghe vi era un
villaggio ancora in fase di scavo e del quale non si conosce l'effettiva estensione.
Pochi chilometri più avanti si apre la splendida Baia di Porto Conte, che
per la sua grande suggestione il geografo Tolomeo chiamò Portus Nympharum. La
costa verso Capo Caccia La baia,
rinserrata da alture che la riparano dai venti e ne fanno un porto naturale
apprezzato fin dall'età romana per le sue eccezionali caratteristiche, si
prolunga per sei chilometri ed in larghezza misura poco più di due
chilometri. La strada
corre poi lungo una pineta (la Pineta Mugoni) che protegge da nord la
spiaggia che segna il limite nord-orientale di Porto Conte. Poco più avanti
si giunge al confine della Foresta demaniale Porto Conte-Le Prigionette, un
tempo chiamata "Arca di Noè": è un'area di ripopolamento e
rimboschimento dell'estensione di 350 ettari, interamente recintata,
popolata da cavallini della Giara, daini, mufloni, donnole, cinghiali. Le
Prigionette fanno parte della vasta zona di Capo Caccia dichiarata oasi
permanente di protezione faunistica. Superata una breve salita, si giunge a
Tramariglio, che in passato fu sede di una colonia penale ed ora è un centro
turistico (sorto utilizzando in parte le strutture penitenziarie) con un
piccolo porto attrezzato. Su un piccolo promontorio si leva una torre
spagnola, costruita alla fine del Cinquecento. Presso Tramariglio ha sede il
centro internazionale Porto Conte Ricerche, nel quale si conducono studi di
biologia marina e di agro-informatica. La strada si spinge fino alla punta di
Capo Caccia, imponente bastione di roccia che si leva, con vertiginose
pareti quasi interamente a picco, per 168 metri sul mare. Di particolare
interesse è l'avifauna della zona: vi si contano una colonia di sette
coppie di falchi pellegrini, probabilmente la più numerosa d'Italia, e,
presso Punta Cristallo, le cui pareti calcaree raggiungono i 326 metri
d'altezza, una di cinque coppie di grifoni, oggi a rischio di estinzione per
scarsità di cibo. Ai piedi di Capo Caccia, sul versante occidentale, si apre
la Grotta di Nettuno, probabilmente la più bella e famosa delle grotte sarde
che ha uno sviluppo di 1.700 metri. Vi si può accedere dal mare -
l'imboccatura è posta a un metro dall'acqua - oppure dall'alto di Capo
Caccia, discendendo una vertiginosa scala artificiale composta da 654
gradini. L'ingresso, quasi pianeggiante e coperto di vegetazione, è alto
otto metri e largo venti. Da qui si accede a un vasto lago salato, in comunicazione
sotterranea col mare, lungo 120 metri. Tutta la grande cavità aperta da
millenni nella roccia è una successione di immensi saloni nei quali si
levano, come a sostegno della volta, poderose colonne di calcare, di
misteriosi cunicoli, di elaborate concrezioni formatesi nei secoli. Sulla
parete orientale di Capo Caccia, a un'altezza di 75 metri sul livello del
mare, si apre un'altra cavità naturale, la Grotta Verde, nella quale si
levano concrezioni calcaree alte fino a 12 metri. Internamente un laghetto
d'acqua salmastra ricopre ambienti nei quali sono stati trovati i segni della
presenza umana fra cinque e seimila anni fa. Vi sono stati ricuperati vasi
d'argilla giallo-rosa decorati con piccoli volti umani, che hanno dato il
nome a una "Cultura della Grotta Verde", che sembra risalire alla
fine del Neolitico antico. Ai piedi di Capo Caccia, a un'altezza di quattro
metri dal mare, vi è la Grotta dei Ricami, i cui due ingressi si affacciano
sul mare. A breve distanza da Capo Caccia, a ovest dell'alto baluardo di roccia,
vi è risola Foradada, suggestivo blocco calcareo nel quale l'azione del mare
ha prodotto una cavità che lo attraversa da parte a parte. Tutto il
territorio di Alghero vide insediamenti umani fin da età antichissime.
Lungo la strada che da Porto Conte conduce a Capo Caccia si trova il complesso
nuragico di Sant'Imbenia , che comprende un nuraghe e un villaggio "a
isolati", con vani spesso raccordati intorno a una torre centrale. Vi
sono state trovate ceramiche fenicie e greche dell'VIII secolo a.C., che
hanno indotto ad ipotizzare l'esistenza di un emporion misto
fenicio-nuragico. A breve distanza dal complesso
nuragico è in corso di scavo una villa romana d'età imperiale, che conserva
strutture termali e ambienti dipinti. Più all'interno, lungo la strada che
collega Alghero con Porto Torres, vi è Anghelu Ruju, la più grande necropoli
a domus de janas della Sardegna; dovette essere luogo di sepoltura di
marinai-metallurgici e di agricoltori; vi sono comprese trentasei tombe e,
per identificarle, è esposta una pianta scolpita su una lastra di marmo. La
necropoli risale al periodo detto della "Cultura di Ozieri"
(3500-2700 a.C.), ma fu poi riutilizzata in epoche preistoriche successive.
Un'altra necropoli si trova alla base del Monte san Pietro, dal quale
prende il nome. Di grande interesse la tomba I, nella quale furono trovati
numerosi vasi tetrapodi, ora custoditi nel Museo Sanna di Sassari. Sulla
sommità della collina è posta la tomba IV, che in età altomedioevale fu
riutilizzata come chiesa paleocristiana. Di grande
interesse i riti tradizionali, alcuni dei quali rivelano l'impronta della
cultura catalana ancora viva ad Alghero dove trova raffinate espressioni
letterarie. Particolarmente significativi i riti della Settimana Santa.
Sacre rappresentazioni e canti si svolgono nella musicale lingua catalana, a
cura della Confraternita della Misericordia. Il momento più intenso, la sera
del Venerdì Santo, è il De-sclavament (la Deposizione): il simulacro
del Cristo viene deposto dalla croce e adagiato su una lettiga funebre che
viene portata in processione attraverso il centro storico illuminato dalle
fiaccole dei fedeli. All'impronta catalana associa quella sarda la Festa
della Madonna di Valverde, che si svolge nel santuario omonimo , a sette
chilometri dalla città (costruito alla fine del Trecento, fu ricostruito nel
1635; vi si venera una piccola statua della Madonna in argilla scura), e
attira una folla di fedeli provenienti da varie parti della Sardegna; la
festa ha inizio la prima domenica dopo Pasqua, ma il pellegrinaggio dei
fedeli continua per tutto il mese di maggio. Alla
Madonna della Mercede è dedicata la processione a mare che si svolge il 24
settembre. Meritano d'essere ricordate le molte manifestazioni di varia
natura, e di origine recente, delle quali Alghero è sede: dai fuochi pirotecnici di
Ferragosto, alla Sagra del Bogamarì (riccio dì mare), dalla Rassegna
internazionale di canto corale, alla gara automobilistica di velocità in
salita Alghero-Scala Piccada. Il visitatore non trascurerà, infine, di
dedicare attenzione ai molti laboratori artigiani nei quali con grande
maestria e gusto spesso raffinato viene lavorato il corallo. |