1. Bonnanaro: Ipogei di Corona
Moltana.
Si parte da Thiesi lungo la statale 131bis verso (innesto della 131 Carlo Felice
e dopo pochi chilometri si svolta a sinistra per Borutta, se ne attraversa
(abitato e si procede fino a Bonnanaro: qui s'imbocca la via La Mormora,
uscendo dal paese per una strada che, poco dopo, scavalca la 131.
Immediatamente dopo il ponte, si svolterà a destra in uno sterrato che in
circa due chilometri conduce all'interno di una tenuta dove, sulla destra,
sono visibili le Tombe ipogeiche di Corona Moltana. Il sito non è facile da
individuare e non presenta un aspetto spettacolare. Tuttavia la sua
importanza nello studio della preistoria sarda è di primissimo piano: sul
finire del secolo scorsa la scoperta, da parte dell'archeologo Taramelli, di
questi ipogei e del materiale fittile in essi contenuto (suppellettili di
ceramica liscia, prive di decorazioni, non ascrivibili ad alcuna delle
culture fino ad allora conosciute in Sardegna) portò atta connotazione di una
fase dell'Età del Bronzo con caratteristiche proprie, denominata
"Cultura di Bonnanaro" (1800-1600 a.C.). Gli ipogei, scavati nella
roccia calcarea, consistono di sei celle, alcune delle quali comunicanti tra
loro. Versano attualmente in cattivo stato di conservazione, a causa
dell'erosione della roccia.
2. Mores: Su Crastu de Santu Eliseu.
Rientrati a Bonnanaro, ne usciamo per la provinciale che conduce al l'innesto
della 131 Carlo Felice e che, sottopassata la superstrada, si prolunga nella
statale 128bis per Mores: la percorriamo fino al successivo bivio (tre
chilometri circa), quindi svoltiamo a sinistra nella provinciale per Ardara e,
dopo un paio di chilometri, di nuovo a sinistra seguendo le indicazioni per
il Monte Santo.
In questo grande masso, chiamato Su Crastu de Santu
Eliseu e ubicato sulle pendici orientali del Monte Santo (in territorio di
Mores), sono scavate alcune domus de janas in parte riutilizzate in età
altomedievale
Dopo due chilometri di questa
stradetta secondaria dovremo lasciare lauto e salire a piedi lungo un
sentiero (un'ora di ascesa) fino ad arrivare in vista di uno scenografico
masso calcareo, in posizione elevata sopra la valve circostante, all'interno
del quale furono scavate nel Neolitico recente (36002700 a.C.) alcune domus
de janas. La tomba del piano superiore fu poi riutilizzata come chiesetta
rupestre in età paleocristiana e altomedievale.
3. Mores: Domus de janas di Monte Lachesos.
Facciamo adesso a ritroso la strada fino al bivio dove avevamo svoltata per
Ardara e qui pieghiamo a sinistra, immettendoci di nuovo nella statale 128bis
per raggiungere di lì a poco Mores: dalla via Vittorio Emanuele (che si
percorre in direzione di Ozieri) svoltiamo a destra in via Lachesos e, usciti
dall'abitato, la percorriamo
per circa due chilometri fino a incontrare i cartelli segnaletici che indicano
te domus de janas.
L’ingresso di una delle domus de janas di Monte Lachesos, presso Mores
Lasciata l'auto, proseguiremo allora
a piedi per circa 500 metri. In questo punto, intorno alle pendici del Monte
Lachesos, sono scavate nella roccia calcarea diverse tombe ipogeiche, tutte
battezzate con nomi che alludano alle leggende da cui questa tipo di
sepoltura preistorica è da sempre circondato: Su Bucu de Sos Ladros,
S'Istampa de Sas Fadas, Su Cunnu 'e S'Acca. La roccia si apre anche in cavità
naturali frequentate fin dalla preistoria, come la Grotta di Su Puttu
Porcina.
4. Ittireddu: Museo archeologico ed
etnografico.
Fatto ritorno a Mores, se ne esce adesso per la statale 128bis in direzione
di Ozieri e, dopo circa sei chilometri, si svolta a destra nella provinciale
per Ittireddu, paesello di neppure 600 abitanti dove, proprio accanto al
Municipio, si trova un piccolo museo che rappresenta un esempio riuscito di
equilibrio tra esposizione archeologica e documentazione etnografica del
territorio. Le due sezioni, ben impostate didatticamente, sono disposte su un
unico piano e sei sale. L'esposizione dei reperti archeologici è ordinata
secondo criteri cronologici e topografici: si va dalla preistoria sino al
Medioevo, con materiali ceramici elitici i provenienti dalle domus de janas
(Età del Bronzo), dall'insediamento abitativo di Mante Zuighe e soprattutto
dal Nuraghe Fontana, che sorge nelle vicinanze dell'abitato. Di particolare
interesse e scientificamente valida la parte etnografica, che documenta i vari
aspetti della cultura tradizionale: (intreccio, la filatura e la tessitura,
pani e dolci, fabbigliamento.
5. Anela: Necropoli di Sos Furrighesos.
Da Ittireddu si esce in direzione sud, lungo la provinciale per Bono, che si
percorre fino al passo di Sa Fraigada (circa otto chilometri), dove si
svolterà a sinistra nella provinciale, solo in parte asfaltata, per Nughedu
di San Nicolò e Anela. Dopo circa cinque chilometri, appena varcato il ponte
sul Rio Butule, si piega a destra in uno sterrato cui si accede attraverso un
cancello: proseguendo per circa due chilometri, superata una casa colonica,
ci appaiono a destra, scavaLe in un alto costane dì roccia trachitica, le
Domus do janas di Sos Furrighesos. Questa necropoli, ubicata in comune di
Anela proprio al confine con quello di Nughedu di San Nicolò, resta a
tutt'oggi, benché ripetutamente danneggiata dai vandali, una delle più
suggestive dell'isola, sia per la ricchezza e la varietà delle decorazioni
sia per gli evidenti segni di riutilizzazione che attestano una continuità di
frequentazione nella zona, dal Neolitico in poi. Si tratta di una ventina di
tombe che presentano in prevalenza una planimetria semplice (pianta a T, con
anticella, camera centrale e due o tre celle laterali), ingresso spesso sopraelevato
di due-tre metri rispetto al piano di campagna e portelli talvolta rincassati
lungo le facce interne dell'architrave e degli stipiti per (applicazione
della lastra di chiusura. Di particolare interesse la tomba VIII, la cui
camera principale presenta tre pareti pressoché interamente ricoperte di
incisioni a martellina a forma di U, disegno che rappresenta la stilizzazione
estrema del simbolo di fertilità delle corna di toro, e il pavimento
costellato di decine di piccaLe conche o fossette dal significato
magico-rituale non chiarito. La tomba IX, detta "Sa Tumba de Su Re°, è
caratterizzata dal portale scolpito a "stele centinata", a
imitazione delle tombe di giganti di età nuragica, il che conferma una
riutilizzazione del sito in epoca posteriore: Le domus de janas sano infatti
databili al Neolitico recente (Cultura di Ozieri: 3500-2700 a.C.) ma i
materiali ceramici restituiti dalla necropoli coprono un periodo molto più
vasto, che attraversa tutta (Età del Rame (Culture di Filigosa, di Monte
Cloro, del Vaso Campaniforme) per approdare al Bronzo antico (Cultura di
Bonnanaro). Anche altre tombe, come la II, la VI e la XI, presentano
decorazioni di vario tipo: protomi taurine naturalistiche o stilizzate, false
porte, segni di pittura rossa sui portelli esterni e sui soffitti delle
celle.
6. Nughedu di San Nicolò: Domus de janas di Pudda.
Lungo la stessa strada provinciale che abbiamo lasciato per visitare la
Necropoli di Sos Furrighesos si trova, circa sette chilometri più avanti, un
altro interessante complesso di do mus de janas, quelle di Pudda o di
Boleto, in territorio di Nughedu di San Nicolò.
Nughedu di San Nicolò: una delle domus de janas di Pudda
La necropoli, già nota nella prima
metà del secolo all'archeologo Taramelli, presenta vari ambienti
puricellulari scavati nella roccia a imitazione delle case dei vivi, con
volte sostenute da pilastri accuratamente lavorati.
7. Ozieri: Museo archeologico.
Si percorre adesso l'ultimo tratta della piccola strada provinciale imboccata
al passo di Sa Fraigada, fino a incontrare la provinciale Bultei-Ozieri: qui
si svolterà a sinistra e, attraversato l'abitato di Nughedu, si raggiungerà
Ozieri dove, nel centro storico, all'interno del convento di San Francesco,
sono stati ricavati i locali che ospitano l'importante Museo archeologico. Il
Museo offre una visione d'insieme dei centri archeologici della zona e
raccoglie anche materiali provenienti da collezioni private. Fa capo al
centro di cultura polivalente "San Francesco", che ha sede nell'ala
sinistra del Convento dei Minori Osservanti, un edificio di impianto
cinquecentesco ma che conserva anche strutture del XVII e XIX secolo. La sala
I raccoglie i materiali dell'età prenuragica: nelle tre vetrine sono esposti
reperti neolitici (6000-2700 a.C.) rinvenuti nel territorio e in particolare
materiali della "Cultura di Ozieri" (3500-2700 a.C.) restituiti
dalle grotte e dalle domus de janas della zona. Nella sala II alcuni pannelli
illustrano lo sviluppo dell'età nuragica, mentre altre vetrine espongono materiali
ceramici tipici dell'Età del Bronzo medio e recente. La sala III è dedicata
al periodo ramano, e si articola in due parti: la prima illustra la
colonizzazione del territorio attraverso grafici e presenta l'esposizione di
materiali provenienti da abitati e da luoghi di culto; la seconda è dedicata
alla viabilità, ricostruita anche grazie alle pietre miliari iscritte.
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