Di oltre cinque secoli di storia,
dalla caduta dell'impero romano fino all’inizio del secondo millennio, le
testimonianze architettoniche rimaste nel Nord Sardegna, come del resto in
tutta l'isola, sono così sporadiche e rare che questo itinerario,
in nove tappe, le inanella quasi per intero. Per la massima parte questi
monumenti sono la manifestazione di una religiosità spontanea, di una
cristianità ancora venata di paganesimo che inventa
i suoi luoghi di culto, o di una appena un po' più erudita, quella degli
ordini monastici, che cerca, prima dell'affermarsi di una norma unificante,
una sua dignità architettonica. E interessante osservare il ruolo dì primo
piano che gioca, in questa confusa ricerca degli spazi del sacro, la
riutilizzazione degli insediamenti preistorici: non c'è forse segno più
esplicito, da una parte, della vitalità delle civiltà prenuragiche e nuragica in Sardegna, ne,
dall'altra, dell'abissale retrocessione che seguì al crollo dell'impero
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1. Sassari:
Chiesa rupestre di Funtana Gutierrez.
Il nostro piccolo viaggio, che toccherà
prevalentemente località remote da ogni centro abitato, inizia
paradossalmente dall'area urbana della più grande
città del Nord Sardegna.
In una delle più suggestive e
boscose vallate della periferia di Sassari, all'interno del complesso residenziale
Le Querce, si trova infatti questa chiesetta
scavata in una parete calcarea e risalente al VII-IX secolo, cioè al periodo più oscuro e scarsamente
documentato della storia dell'isola.
Ottenuta probabilmente dalla rilavorazione di una tomba romana, la chiesa ebbe in
una prima fase due absidi affiancate, con altare, separate da un pilastro
centrale. In una fase ulteriore fu aggiunta una terza abside in forma di
nicchia. A sinistra della chiesa si trova una cisterna scavata a sua volta
nel calcare, quasi certamente di età romana e
tuttora utilizzata. Pochi metri a destra del luogo di culto cristiano è invece venuta alla luce una tomba in arcosolio di età
romana avanzata:
si
riconoscono l'arco scolpito nella roccia e, in basso, tracce del cassone.
Nelle vicinanze del sito, infine, sono alcune domus
de janas del Neolitico recente (3500-2700 a.C.) riutilizzate in epoca altomedievale.
2. Romana: Chiesa rupestre di San Lussorio.
Un altro raro esempio di santuario
rupestre di origine altomedievale
ci attende a qualche distanza dal piccolo abitato di Romana, nelle campagne
dell'alta valle del Temo. Per raggiungerlo imbocchiamo da Sassari la nuova direttissima per Ittiri
e, di qui, percorriamo un breve tratto della statale 131bis in direzione di
Thiesi, svoltando al primo bivio nella
provinciale per Romana. Una stradetta asfaltata
ci condurrà poi direttamente dal paese alla suggestiva
chiesetta di San Lussorio o Santo Lussurgiu,
cinque chilometri più a nord-ovest. Qui un'ampia cavità naturale, in parte
adattata dall'uomo in età altomedievale per
trasformarla in luogo di culto, si apre sul fianco di uno sperone roccioso
a 340 metri di altitudine. Nel XVII secolo
l'ingresso della caverna fu dotato di un portico a cinque arcate,
sormontato da un campanile a vela a doppia cella. La tradizione vuole che
San Lussorio, il santo di origine sarda cui la
chiesa è dedicata e che è conosciuto anche in Toscana col nome di San
Rossore, abbia vissuto per un certo periodo in questa grotta come un
eremita.
3. Cossoine: Chiesa campestre di
Santa Maria Iscalas.
Fatta a ritroso la strada fino a
Romana, si scende un paio di chilometri più a sud per immettersi nella
statale 292, dove si svolterà a sinistra per Mara e Pozzomaggiore,
deviando poi nella 292dir verso l'innesto della Carlo
Felice: proprio all'ingresso dell'abitato di Cossoine
si stacca sulla sinistra uno sterrato abbastanza agevole che dopo circa
cinque chilometri conduce alla bella chiesa di Santa Maria
Iscalas, raro esempio di architettura
tardo-bizantina che, nei suoi luminosi paramenti di candida pietra
calcarea, domina dalla cima del Monte Costanza il sottostante pianoro
boscoso. Costruita dai Ca-maldolesi nell'XI
secolo, la chiesa, di modeste dimensioni, ha croce greca, con un corpo
centrale cupolato dal quale si dipartono quattro
bracci orientali nelle direzioni cardinali. Il braccio ad est è chiuso da
una piccola abside. All'interno un affresco di iconografia
bizantina, rappresentante il battesimo di Gesù.
La chiesa ha subito di recente un restauro non proprio felice, il cui risultato
sgargiante ha cancellato la patina di quasi un millennio di vita: un piccolo
gioiello cosi raro ed antico avrebbe certo meritato maggiore rispetto.
La chiesa di Santa Maria Iscalas, in agro di Cossoine,
è un raro esempio di edificio di culto
tardo-bizantino
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4. Cheremule: Tomba della Cava.
La prossima meta del nostro itinerario
non è una chiesa ma un sito archeologico. Per raggiungerlo proseguiamo da
Cossoine lungo l'ultimo breve tratto della
statale 292dir fino all'innesto della 131 Carlo Felice, che imboccheremo in direzione di Sassari: dopo circa quattro
chilometri (ma dovremo procedere ancora per invertire la marcia) si stacca
sulla sinistra una strada, solo in parte asfaltata, che sale pressoché in
linea retta all'abitato di Cheremule. Lungo il
margine sinistro di questa carrareccia si sussegue una serie di sepolture
preistoriche di notevole interesse archeologico (vedi Itinerario 20} e di non facile individuazione: quella che riguarda il
tema del nostro itinerario è ubicata in località Museddu,
circa un chilometro a sud del paese. Superata la centrale elettrica, seguiamo
la strada ancora per due chilometri, svoltiamo a sinistra in
corrispondenza di un primo abbeveratoio, quindi di nuovo subito a sinistra
fino a raggiungerne un secondo, dove lasceremo l'auto per imboccare a
piedi, sulla destra, un sentiero che conduce al sito. Nell'area archeologica
di Museddu sono presenti una grande
necropoli a domus de janas
(non meno di diciotto tombe), una serie di impianti produttivi d'epoca
romana destinati probabilmente alla vinificazione, una cava di pietra risalente
allo stesso periodo e la tomba detta appunto della Cava per la sua
prossimità a quest'ultimo sito. La tomba risale, come le altre della vicina
necropoli, al Neolitico recente (3500-2700 a.c.), ma reca evidenti segni di una riutilizzazione in
età altomedievale per la sepoltura di un
personaggio di rilievo della comunità. Sul lato
sinistro dell'ipogeo sono, infatti, scolpite figure antropomorfe,
databili forse a età bizantina, che sembrano
rappresentare una cerimonia funebre.
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La Tomba della Cava, in
località Museddu (comune di Cheremule),
è una sepoltura ipogeica del Neolitico recente,
riutilizzata in età altomedievale
5. Siligo: Chiesa di Santa Maria di Bubalis o di Mesumundu.
Ritornati sulla carrareccia per Cheremule, ne percorriamo ancora un brevissimo tratto
in direzione del paese, svoltando quindi a destra in una deviazione che in
poche centinaia di metri ci porta sulla statale 131bis:
qui a
destra, verso la 131, ma, subito prima di raggiungerla, a sinistra nella
vecchia Carlo Felice, che corre parallela al lato occidentale della nuova
per una quindicina di chilometri, attraversando successivamente Torralba e Bonnanaro e
sfiorando poi le pendici del Monte Santo fino all'altezza di Siligo. Qui dovremo, seguendo le indicazioni, svoltare
a sinistra sulla rampa d'accesso alla strada provinciale che collega Siligo (il cui abitato rimane qualche chilometro alla
nostra sinistra) ad Ardara e che subito scavalca
la statale 131 per mostrarci sulla sinistra, fin troppo visibile dopo il restauro chiassoso di cui è stata recentemente vittima,
la Chiesa di Santa Maria di Bubalis,
una delle più antiche dell'isola. Fu infatti
costruita in epoca bizantina, certo non oltre il VII secolo e, con ogni
probabilità, sopra le rovine di preesistenti terme romane che utilizzavano
la vicina sorgente calda di Abba de Bagnos. Dedicata a Santa Maria
di Bubalis (nome che deriva forse da quello di
un'altra sorgente dei dintorni, la Funtana de Pubulos, cioè dei Pascoli), ma
più nota come Nostra Signora di Mesumundu per via
della cupola (il "mondo tagliato a metà") che ne sovrasta la
rotonda centrale, è costruita in una mistura di pietre ba-saltiche di
piccola pezzatura e di mattoni cotti. Nell'XI secolo la chiesa divenne
proprietà dei Benedettini di Montecassino, che vi
edificarono all'intorno un convento e ne modificarono
in parte la struttura con l'aggiunta di un'abside. Fino a qualche tempo fa
versava in stato di parziale rovina, ma la sua architettura originaria e i
successivi ampliamenti erano perfettamente leggibili e, nell'insieme,
emanava un fascino fuor del comune: risulta difficile credere che nemmeno
la sua vetustà e rarità abbiano potuto preservarla
da una manomissione tanto offensiva.
L'antichissima chiesa di Santa Maria
di Bubalis (comune di Siligo)
cosi come appare dopo il recente restauro
6. Ittireddu: Chiesa di Santa
Croce.
Procediamo in direzione di Ardara e, dopo qualche chilometro, pieghiamo a destra
per immetterci nella statale 128bis nei pressi di Mores:
qui a sinistra verso Ozieri fino al bivio per Ittireddu, paesello di neppure 600 abitanti che conserva al centro del piccolo abitato un vero gioiello
di architettura preromanica, poi rielaborato in
età romanica fino ad assumere l'aspetto attuale. La chiesa è infatti il risultato di almeno tre successive fasi
costruttive. L'impianto originario, un organismo a croce greca a un'abside, risale al VI-VII
secolo, cioè agli albori del Medioevo. Subito dopo furono
realizzate altre due piccole absidi. Infine, verso il XII secolo, l'edificio
venne modificato con l'allungamento della navata
e dotato della bella facciata romanica in conci di calcare chiaro, cui sì
alternano senz'ordine inserti scuri di basalto. La bicromia si fa regolare
nell'arco a sesto acuto del portale.
7. Anela: Insediamento fortificato di San Giorgio di Aneletto.
Da Ittireddu
prendiamo la provinciale per Bono, che punta verso la Catena del Goceano, inoltrandosi via via
in una vegetazione sempre più fitta fino ad attraversare, da ultimo, una
delle zone più boscose dell'isola. Dopo una ventina di chilometri la strada
confluisce nella Bonorva-Bono, dove svolteremo a
sinistra, procedendo fino al valico di Ucc'aidu, e qui di nuovo a sinistra verso Punta Masiennera: percorsi circa tre chilometri e superata
una biforcazione tenendo la sinistra, svolteremo ancora a sinistra in una
stradina sterrata che conduce alla fortezza altomedievale
di San Giorgio di Aneletto. I resti di questo insediamento militare, ubicato a quasi 1000
metri di altitudine, ai margini del bosco e a breve distanza dalla caserma
della Forestale di Anela, sono venuti alla luce di recente. La cinta
muraria trapezoidale (di circa 300 metri di lunghezza), con quattro torri
rettangolari agli angoli, delimita uno spazio fortificato di circa mezzo ettaro,
all'interno del quale sono state rinvenute tracce di abitazioni
e di sepolture. Il nome del sito deriva da quello della chiesa di San
Giorgio di Aneletto, i
cui resti sono riconoscibili sull'alto di una delle torri: si tratta di
una chiesa romanica, donata nel 1163 ai Camaldolesi. Ma il borgo
fortificato, unico insediamento non a carattere sacro del nostro
itinerario, è di epoca assai anteriore:
è stato
datato al VII
secolo, cioè al periodo della dominazione bizantina.
8. Oschiri: Area sacra di Santo
Stefano.
Proseguiamo verso Punta Masiennera per piegare quasi subito a destra in una
strada asfaltata che dopo poco più di un chilometro sfocia
nella provinciale Bultei-Ozieri, che percorreremo
in direzione nord fino ad Ozieri:
di qui circa
venti chilometri di strada statale ci condurranno ad Oschiri,
dal cui abitato parte una strada di penetrazione agraria che ci permetterà
di raggiungere in pochi minuti l'interessante area archeologica che sorge
proprio di fronte alla chiesa campestre di Santo Stefano. Questa piccola
chiesa risale al XVI secolo ma fu con ogni probabilità costruita sull'impianto
di una precedente chiesa bizantina, a conferma di un insediamento altomedievale di una certa importanza. Dinanzi alla
chiesa si trova un suggestivo altare rupestre
cristiano, con celle ed elementi decorativi e simbolici. Nei dintorni, a
testimoniare una continuità di frequentazione dell'area che non conosce
interruzioni dal Neolitico al Medioevo e oltre, sono rintracciabili
alcune domus de janas,
un dolmen e un menhir.
9. Ploaghe: Tomba ipogeica di Mulinu.
Da Oschiri
imbocchiamo la veloce statale 597 in direzione di Sassari e ne percorriamo
una quarantina di chilometri, fino allo svincolo per il vicino abitato di
Ploaghe: di qui prenderemo la vecchia strada per
Chiaramonti, che corre sul lato sinistro della
statale 672, e dopo circa cinque chilometri noteremo sulla sinistra, a
pochi metri dal ciglio della strada, il monticello
di arenaria nel quale è scavata una tomba di età altomedie-vale che, per accuratezza costruttiva e
ricchezza di decorazioni, non ha raffronti in Sardegna. Scoperta casualmente
nel 1985 quando, in seguito a un incendio, se ne
rese visibile l'apertura prima completamente nascosta dalla vegetazione,
la tomba di Mulinu è costituita da un unico ambiente,
la cui parte anteriore è voltata artificialmente con pietra pomice. Al
centro della camera una grande colonna scolpita
nella roccia, con base ad anello e capitello a tronco di piramide. Lungo una delle pareti laterali è ricavato un letto funebre
con pulvini alle due estremità, mentre nella parete di fondo sono scavate
tre nicchie con apertura ogivale. All'esterno della tomba sono
riconoscibili canaletto e vasche che compongono
un elaborato e tuttora efficiente sistema di raccolta dell'acqua piovana.
La tomba non ha restituito materiali utili alla sua datazione ma, sulla
base degli elementi architettonici che la caratterizzano, si ritiene
possa risalire ad età bizantina. Da Mulinu si fa
ritorno a Ploaghe e di qui, passando lungo la
statale 597 accanto alla celebre basilica di Santissima Trinità di Saccargia, si raggiunge la 131 Carlo Felice per
rientrare a Sassari in circa un quarto d'ora.
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