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L'espansione nel Mediterraneo
Le città fenicie, compresse come erano in una esigua striscia costiera, che si dipanava tra il mare Mediterraneo e la catena montuosa del Libano, erano prive del retroterra necessario ad un ampio e soddisfacente sviluppo agricolo. Per di più, la spinta esercitata da Oriente dall'impero assiro contribuì, assieme alla situazione geografica, a creare nelle popolazioni fenicie una vocazione marinara che li spinse a solcare con le loro navi ogni golfo dei mari allora noti, alla ricerca di materie prime.
In un tempo relativamente breve, ogni recesso del Mediterraneo fu esplorato e le risorse delle più lontane terre rivierasche vennero imbarcate per contribuire alla produzione delle botteghe artigianali delle città. Infatti, le capacità artistiche dei Fenici, note e ampiamente apprezzate dai mercati vicino-
In un susseguirsi e un sovrapporsi di mito, tradizione e realtà, tutte le terre che nel corso dei secoli rappresentarono per gli antichi popoli l'estremo limite del mondo, furono scoperte e visitate per la prima volta dai naviganti fenici. Già nel VI sec. a.C. lo storico greco Erodoto favoleggiava di miniere d'oro fenicie nell'isola di Taso, nell'Egeo settentrionale, per lui mitiche, ma storicamente reali. Ugualmente reale è probabilmente da considerare la circumnavigazione dell'Africa, ritenuta prodotto della fantasia dallo stesso Erodoto. Dal canto suo, la Bibbia, pur attribuendone la paternità al Re Salomone, narrava di una spedizione fenicia lungo il Mar Rosso verso la mitica terra di Ofir, da identificare con l'Etiopia se non addirittura con l'India.
Che le genti fenicie fossero gelose custodi degli itine-