Isola di Sardegna

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A Berchidda per "Time in jazz"

Tradizioni




Il percussionista indiano Trilok Gurtu e il chitarrista
franco-vietnamita Nguyen Le sul palco di "Time in Jazz"


L'occasione: quattro giorni nel periodo di Ferragosto.

Forma musicale aperta più di ogni altra cosi all'improvvisazione come alla sperimentazione e alla ricerca, curiosa di tutte le geografìe, dispo­nibile alle mescolanze e alle conta­minazioni, il jazz ha tradizional­mente trovato accoglienza nelle realtà più diverse e, grazie alla sua natura spontaneamente cosmopoli­ta, costituisce da decenni uno dei più interessanti laboratori multietnici della cultura contemporanea. In Sardegna, come in altre regioni dell'area mediterranea apparentemente legate a tradizioni musicali arcaiche e immutabili, il jazz vanta ormai un pubblico sorprendentemente vasto di appassionati cultori e un'elite neppure tanto ristretta di musicisti di eccellente livello. Fra questi spicca indubbiamente il nome di Paolo Fresu, trombettista che, a dispetto del­la giovane età (è nato nel 1961), ha raggiunto fin dalla metà degli anni Ottanta un grado di notorietà inter­nazionale di assoluto prestigio.
Nativo di Berchidda e profondamen­te legato alle sue origini, Paolo Fresu ha voluto portare nel suo paese natale un festival musicale di alto livello, che riuscisse insieme ad ar­ricchire Berchidda di una manifesta­zione di grande richiamo e il calendario internazionale del jazz di un appuntamento diverso da ogni al­tro. Giunto nel 2000 alla sua tredi­cesima edizione, si può ben dire che il festival abbia realizzato piena­mente gli intenti del suo ideatore e direttore artistico. Ogni anno "Time in jazz" richiama infatti in questo piccolo centro del Montacuto, ai margini del parco del Limbara, un pubblico più numeroso di appassio­nati, attratti sia dall'eccellenza dei programmi e dalla notorietà degli artisti sia dalla particolare atmosfe­ra che si respira a Berchidda nei quattro giorni della manifestazione: un'atmosfera alla cui speciale com­posizione concorrono molti e irripe­tibili elementi,
dall'ospitalità sem­plice e genuina del paese alla vastità magnifica dei suoi paesaggi ariosi e mutevole dalla raffinatezza delle scelte artistiche alla vicinanza quotidiana fra musicisti e pubblico.

Teatro di strada come preludio ai concerti serali: un artista del gruppo dei Visitants percorre sui trampoli le vie di Berchidda (edizione 1997)

Ma a fare di "Time in jazz" un ap­puntamento musicale diverso da ogni altro provvede soprattutto la presenza assidua e originale di un artista al centro della sua organizzazione e di un'idea forte nel cuore stesso del festival: l'idea è quella di non presentare una semplice rasse­gna di contributi più o meno slegati e dispersi, ma di radunare al contra­rio ogni anno, intorno a un tema ampio e tuttavia definito con preci­sione, capace quindi di fare da filo conduttore e da pensiero dominan­te, le più varie anime ed esperienze del jazz e di tutte le sue possibili sperimentazioni e contaminazioni. Fra i temi delle ultime edizioni figu­rano ad esempio il gioco, la musica etnica, le percussioni, gli strumenti ad arco, la voce femminile. Il presti­gio di Paolo Fresu assicura alla ma­nifestazione la presenza dei nomi più leggendari del jazz nazionale e internazionale, come pure quella dei gruppi che offrono le interpretazioni più nuove e personali.
Negli ultimi anni, alle tradizionali serate dei concerti in piazza si sono andate affiancando altre iniziative collaterali: mostre, film, dibattiti, presentazioni di libri e soprattutto suggestivi incontri mattutini nelle chiese campestri della stessa Ber­chidda o di altri comuni vicini, con recital di strumentisti e di cantanti che esplorano tutti i territori di confine fra jazz e musica contemporanea, sia colta sia popolare.

Le produzioni tradizionali della zona.

Fra le lavorazioni artigianali del Montacuto spicca per la sua impor­tanza e per la sua rinomanza inter­nazionale la produzione di coltelli di Pattada. Noto come "pattadese" o leppa, e chiamato in logudorese sa resolza, il coltello di Pattada viene realizzato interamente a mano. Il suo elemento più caratteristico e di maggior pregio consiste nel manico di corno di montone (ma anche d'osso o di corno di bue o di muflo­né), mentre l'affilatissima lama d'acciaio, che si ripiega all'interno del manico, presenta la tipica forma a foglia e una punta particolarmente acuminata. Sa resolza pattadese è diventata da tempo ambito oggetto da collezione, la cui fama ha abbon dante mente superato i confini della Sardegna, unitamente alla notorietà dei diversi artigiani che firmano i propri prodotti, anche per distin­guerli dalle numerose imitazioni di scarso valore. La coltelleria rappre­senta una raffinata evoluzione del­l'arte di lavorare il ferro, a sua volta praticata tuttora nella stessa Patta-da e ad Ozieri, ben più rinomata tut­tavia per la lavorazione dei metalli preziosi. Ozieri rimane infatti uno dei centri della Sardegna dove la tradizione orafa è più coltivata e dove la lavorazione a filigrana, ca­ratteristica dell'oreficeria isolana, raggiunge i suoi vertici di delicata leggerezza.
Altra produzione di fondamentale importanza economica è l'estrazione del granito, che ha in Buddusò la sua autentica capitale: in questo grosso centro del Montacuto meri­dionale, disteso sull'immenso alti­piano che ne porta il nome, si tiene anche ogni due anni, tra fine giu­gno e metà luglio, un Symposium internazionale del granito, cui pren­dono parte decine di artisti di fama nazionale e internazionale, impe­gnati a scolpire e modellare il grani­to grigio locale. Negli anni pari que­sta manifestazione è sostituita da un analogo Symposium internazio­nale del legno, a testimonianza di un'altra lavorazione che a Buddusò è ancora largamente praticata secon­do i metodi tradizionali. Berchidda è invece, dopo Calangianus, il più im­portante centro della Sardegna per la lavorazione industriale e artigia­nale del sughero.
Fra le produzioni enogastronomiche è di particolare rilievo quella del vi­no: Berchidda, come La vicina Monti, è al centro di una zona vinicola di grande interesse qualitativo e quan­titativo, con la produzione di un pregiato Vermentino di Gallura, vino classificato fra i primi quattro bian­chi italiani e insignito dell'alto rico­noscimento della Denominazione di Origine Controllata Garantita. Nella stessa Berchidda si producono anche ottimi rossi, un moscato apprezzato per la sua leggerezza e liquori tradi­zionali come il mirto e il limonello, o altri più tipici e insoliti come un Li­core a base di latte di capra e alcol. Eccellenti i formaggi di pecora, sia freschi sia stagionati, di Berchidda, Buddusò, Mores, Oschiri e Pattada, le perette di latte vaccino di Oschiri e i formaggi caprini di Pattada, dove si può anche gustare la panna di lat­te di pecora, di sapore naturalmente più forte di quella vaccina. Ancora a Berchidda e Pattada si trovano otti­me salsicce e altri insaccati (specie prosciutti).
Tutta la zona orientale del Montacu­to è rinomata non meno della Gallu­ra per i suoi mieli, caratterizzati da una varietà di sapori e di aromi che differenzia il prodotto in funzione della prevalenza delle diverse specie floreali nella macchia mediterranea delle singole aree di produzione. Co­sì, oltre al tradizionale "millefiori" (Ala dei Sardi, Berchidda e Buddu­sò), si possono trovare eccellenti mieli all'asfodelo (Pattada), al cor­bezzolo (Berchidda), all'eucalipto (Pattada), al mirto e al ficodindia (Berchidda e Pattada), al cardo (Ala dei Sardi).
Ozieri è uno dei principali centri in Sardegna per la produzione artigia­nale del pane: in special modo viene chiamato "pane di Ozieri", anche se ormai diffuso e prodotto in tutta l'i­sola, una particolare varietà di pane sottile, di forma circolare, morbido e privo di mollica, noto anche come "spianata" o, in logudorese, pane 'e poddine. Ma la stessa Ozieri è cele­bre soprattutto per i suoi dolci, e in particolar modo per i "sospiri" (su-spirus), dolcetti di pasta di mandorla ricoperta di glassa o di cioccolato, e per le copulettas, conchiglie di pasta finissi ma ricoperte di glassa e ripiene di pan di Spagna. Altri centri no­ti per La raffinatezza della loro pa­sticceria sono Mores, Nughedu di San Nicolo e Ala dei Sardi, famoso quest'ultimo soprattutto per sospiros, dadini di pasta all'uovo fritti nel miele e aromatizzati con scorza d'arancia.
A Oschiri e a Berchidda, la mattina, si possono acquistare ancora calde di forno le panadas, appetitose tortine di pasta con il ripieno fatto di carne di maiale o di agnello, spezzettato e aromatizzato con varie erbe (una va­rietà particolare di panadas prevede invece il ripieno di anguille). Fra le tradizionali paste di acqua e semola, dalla preparazione assai complessa e rigorosamente codificata, si segnala­no i maccarones lados di Buddusò, i maccarones a ungedda di Tula e sas peilizzas di Pattada.
Centro di antiche tradizioni pastora­li, Berchidda vanta una cucina pove­ra per la semplicità degli ingredienti e insieme ricca per l'intensità dei sa­pori, dove un ruolo spesso fonda­mentale è svolto dal recupero del pa­ne raffermo. Cosi, ad esempio, la zuppa berchiddese (che, a dispetto del nome, è un piatto asciutto), vie­ne preparata bagnando nel brodo di pecora la spianata indurita, e con­dendo poi con ragù di maiale, for­maggio dissalato morbido e una spruzzata di pecorino. La spianata rafferma è alla base di un altro piat­to berchiddese, le panafittas (cioè "pane a fette"): le fette di pane ven­gono anche qui bagnate nel brodo di pecora e poi passate nel siero di ri­cotta (tradizionale surrogato del burro) e nel formaggio pecorino.
Piatto gustosissimo sono i ravioli di cinghiale, preparati con pasta sfo­glia ripiena di ragù di cinghiale e poi fritti. I maccarones furriados (cioè "rivoltati") sono invece un insolito piatto dal sapore agrodolce, dove la pasta di semola fatta naturalmente a mano viene rivoltata nel latte, nel quale è stato disciolto del formaggio di pecora dissalato: il tutto viene poi servito accompagnato da s'abba-mele, un decotto di miele e fior di farina.


La caratteristica sagoma appuntita del Monte Acuto, in territorio
di Berchidda, che ha dato il suo nome a una vasta regione del Logudoro


 
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