Isola di Sardegna

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Escursione all'Asinara

Isole Figlie






Cala Sant’Andrea lungo la costa
Sud-orientale dell’Asinara


Con una superficie di circa 51 chilo­metri quadrati l'Asinara è una delle più grandi fra le isole minori italia­ne (la metà di Sant'Antioco, due vol­te e mezza Lampedusa, cinque volte Capri). Il suo nome attuale rappre­senta un tipico caso di slittamento etimologico o di falsa etimologia: i Romani la chiamarono infatti Sinuaria (cioè "sinuosa") per la sua forma allungata e il profilo mosso e frasta­gliato delle sue coste, ma col tempo la parola subì una traslazione di si­gnificato (probabilmente per effetto dell'articolo: La Sinuara - L'Asinaria) verso "isola degli asini", con evi­dente allusione alla varietà endemi­ca di asinelli albini che ne costitui­sce uno dei tratti più caratteristici. A parte sporadiche frequentazioni per tutto il corso dell'età antica e del Medioevo e puntuali insedia­menti difensivi in epoca spagnola, l’isola cominciò ad essere stabil­mente abitata nel XVIII secolo da alcune decine di famiglie di pesca­tori, di origine prevalentemente li­gure e ponzese, che costruirono il piccolo borgo di Cala d'Oliva. Nel 1885 il governo italiano decise l'i­stituzione sul territorio dell'isola di un lazzaretto per il ricovero degli equipaggi in quarantena e di una colonia penale: gli abitanti, sfratta­ti dalle loro case, edificarono sulla vicina costa sarda il villaggio di Stintino, dove si trasferirono, e l'Asinara entrò in una zona d'ombra e di totale isolamento che l'ha circon­fusa col tempo di un'aura di leggen­da e di mistero. Per ben 114 anni è stata una terra riservata ai reclusi e ai loro custodi, sulla quale pochissi­mi uomini liberi hanno avuto occa­sione di mettere piede. Questo sta­tuto del tutto peculiare, e nel com­plesso non invidiabile, si è tradotto paradossalmente in un raro privile­gio sotto il profilo ambientale: pre­servata, specie in questo secondo dopoguerra, da tutti i rischi del turi­smo di massa e della speculazione edilizia, l'Asinara ha conservato una sua miracolosa verginità, che si po­ne adesso il problema di tutelare.
L'istituzione, con legge dell'8 otto­bre 1997, n. 344, del Parco naziona­le dell'Asinara ha portato i primi ti­midi effetti, dal punto di vista della liberalizzazione dell'accesso all'iso­la, solo nel 1999 (la chiusura delle carceri, già decretata da tempo, è stata graduale e si è conclusa defi­nitivamente nel 1998). Questo iti­nerario è studiato sulla base dei re­golamenti attualmente (primavera 2000) in vigore e prevede pertanto la partenza da Porto Torres o da Stintino (con rientro nello stesso porto di partenza) a bordo di uno dei due vaporetti autorizzati al tra­sporto giornaliero di un limitato nu­mero di visitatori. Si consiglia in proposito di informarsi presso il co­mune di Porto Torres, dal quale l'iso­la Asinara dipende e nei cui locali ha sede l'Ente Parco, e di prenotare per tempo l'escursione. La visita è guidata e comprende un itinerario prestabilito, che si effettua in parte via mare, in parte in torpedone e in parte a piedi. L'approdo può avveni­re, a seconda dei casi, a Cala d'Oli­va, lungo la costa nord-orientale dell'isola, o più spesso a Fornelli, sulla costa sud: l'itinerario prende in considerazione questa seconda ipo­tesi, con partenza e rientro a Stinti­no.
Uscito dal porto di Stintino, il vapo­retto costeggia il litorale orientale della penisola e, doppiata Punta Negra, dirige verso l'Asinara passando al largo dell'Isola Piana, che appare sulla sinistra, brulla e pianeggiante, dominata a nord dall'imponente mo­le della Torre Finanza, eretta dagli Spagnoli nel XVI secolo a guardia del Passaggio dei Fornelli. Questo stretto braccio di mare che separa risola Piana dall'Asinara, battuto dai venti e percorso da correnti im­petuose, è rinomato per la straordi­naria trasparenza delle acque. Carat­terizzato da bassi fondali (raramen­te superiori ai quattro metri di profondità), è la porta d'accesso al Golfo dell'Asinara dal mare aperto occidentale (il "Mare di fuori", com'è chiamato dai locali), che sca­rica spesso sul piccolo stretto furio­se mareggiate di maestrale, causa fin dall'epoca romana di una lunga serie di naufragi. Alla stessa epoca della Torre Finanza risale il Forte di Castellazzo, che sorge sul lato oppo­sto dello stretto, confuso con le roc­ce granitiche dell'Asinara da cui emergono oggi le sue rovine: la tra­dizione popolare lo vuole rifugio del pirata Kheir-ed-Din, detto il Barbarossa, che verso la metà del Cinque­cento infestava le coste e i passaggi di mare della Sardegna (Punta Barbarossa si chiama del resto il pro­montorio sud-orientale dell'isola).
Si approda sul litorale meridionale, non meno piatto e brullo della vici­na Isola Piana, nelle immediate vici­nanze del carcere di massima sicu­rezza, le cui basse costruzioni, ora definitivamente chiuse e in attesa di eventuali nuove destinazioni d'u­so, biancheggiano fra i radi arbusti. Di qui un torpedone, risalendo l'unica strada che attraversa l'isola da nord a sud, conduce i visitatori fino al Borgo di Cala d'Oliva, con vedute di straordinaria bellezza su entrambi i Litorali, quello orientale e quello occidentale, che in certi punti dista­no l'uno dall'altro poche centinaia di metri.
A differenza della penisola di Stintino, composta di scure rocce scistiche, tutta la parte meridionale dell'Asinara presenta l'aspetto tormen­tato del granito lavorato dai venti. Sulla costa est, frastagliatissima, si apre dopo pochi chilometri la magnifica Cala Sant'Andrea, nella cui zona retrodunale si stende l'omoni­mo stagno, di piccole dimensioni ma di grande interesse faunistico. Lo specchio d'acqua costituisce in­fatti un importane biotopo occupa­to da numerose specie palustri, stanziali o migratorie, quali tuffetti, germani reali, porciglioni, gallinelle d'acqua, fratini, rare specie di rettili (come la biscia viperina) e tre spe­cie di anfibi endemiche, fra le quali la raganella sarda. Fra le specie ve­getali spiccano diverse varietà di salicornia, la tipica pianta colorata che tollera benissimo l'ambiente sa­lino e le ripetute siccità, e le specie appartenenti alla classe Ruppietea, vegetazione sommersa che popola il fondo dello stagno.
L'intera isola costituisce del resto un'oasi faunistica di straordinario interesse.

Un asinello bianco trotterella sul fondo di cemento dell'unica strada carrozzabile dell'isola


Facilissimo incontrare, anche lungo la strada o nelle imme­diate vicinanze, gli asinelli bianchi che sono un po' il simbolo della di­versità di questa terra. Benché viva­no allo stato brado e di norma non si lascino avvicinare dall'uomo, non ne sembrano particolarmente spa­ventati: anzi, piuttosto incuriositi, sostano a considerare da breve di­stanza i rarissimi veicoli che transi­tano lungo la stretta e sinuosa car­rozzabile. Si tratta di una razza di asinelli albini endemica dell'Asinara, che in seguito a una serie di muta­zioni genetiche perpetuatesi nell'i­solamento ha elaborato caratteri del tutto peculiari: di taglia molto ri­dotta (poco meno di un metro al garrese), presenta un mantello inte­ramente bianco, privo di macchie, e occhi di un azzurro dalla tonalità molto chiara. Più difficile, ma non impossibile, l'osservazione del mu­flone e di rare specie di uccelli come il gabbiano corso e la pernice sarda. Superata l'insenatura di Cala Sant'Andrea e della successiva Cala d'Orata, la strada sale verso il punto più stretto dell'isola, di dove la vi­sta spazia nelle due opposte direzio­ni sulle profonde insenature di Cala Sgombro  di Fuori, sul versante occi­dentale, e di Cala Sgombro di Den­tro, su quello orientale.

La costa occidentale dell’Asinara
Alta e scoscesa, esposta alla furia del mare “di fuori”, in una rara giornata di bonaccia


Qui si può notare la contrastante morfologia dei due litorali, più basso e riparato quello verso il golfo, alto e scosceso quello verso il "Mare di fuori", con ripide scogliere inaccessibili, battu­te dai venti e dalle onde.
La Cala Sgombro di Dentro è l'inse­natura più meridionale dell'ampia Rada della Reale, alla cui estremità nord sorge l'omonimo centro abita­to, con i grandi edifici del vecchio Lazzaretto ora restaurati. Poco pri­ma di raggiungere questo piccolo borgo, sulla sinistra della strada ap­pare il Sacrario dei prigionieri austro-ungarici, eretto per accogliere i resti dei prigionieri della prima guerra mondiale decimati da una terribile epidemia di colera, che fe­ce ben cinquemila morti, distrug­gendo anche un insediamento mili­tare di soldati serbi.
Sì transita quindi presso la torre se­centesca del Trabuccato e dopo po­chi chilometri si raggiunge il Borgo di Cala d'Oliva, fondato fra la fine del Settecento e l'inizio dell'Otto­cento da un gruppo di famiglie di pescatori liguri provenienti da Camogli. Come si è già detto più so­pra, nel 1885, con l'istituzione del lazzaretto e della colonia penale, le quarantacinque famiglie che popo­lavano il villaggio, nate dall'unione fra la componente ligure, una picco­la minoranza di ponzesi e la popola­zione di origine sarda, furono co­strette ad abbandonare l'isola e fon­darono sulla vicina costa della Sar­degna il paese di Stintino, rico­struendo fedelmente le caratteristi­che, semplici case di Cala d'Oliva, a un unico piano con pianta rettango­lare e tetto a doppio spiovente, edi­ficate nella pietra scistica locale e intonacate di bianco. Il villaggio, divenuto poi la sede della direzione della colonia penale, ha preservato l'aspetto originale, ma versa oggi in uno stato di relativo degrado che renderebbe urgente un intervento di recupero.
Da Cala d'Oliva si potrà raggiungere a piedi la piccola spiaggia di Cala Sabina, la sola dove sia attualmente consentito l'accesso ai bagnanti. Per il momento non sono previste escursioni lungo la strada che dal villaggio di Cala d'Oliva, attraverso il bei bosco di lecci di Elighe Mannu, sale a Punta della Scomunica, rilie­vo più elevato dell'isola presso la costa nord-occidentale.




 
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