Isola di Sardegna

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A Stintino per la Regata della vela latina

Tradizioni




Un momento della regata


L'occasione: l'ultimo fine settimana di agosto.

Le quarantacinque famiglie che, co­strette a lasciare il borgo di Cala d'Oliva sull'isola Asinara al momento dell'istituzione del lazzaretto, fon­darono nel 1885-1886 il villaggio di Stintino, portarono al di là dello stretto braccio di mare del Passag­gio dei Fornelli le loro intatte tradi­zioni. Erano famiglie di origine pre­valentemente ligure, ma con una consistente minoranza ponzese, mescolatesi nel corso delle generazioni con l'elemento locale, e la loro atti­vità principale se non esclusiva era la pesca. Stintino nacque perciò co­me borgo di pescatori, raccolto in­torno ai due profondi fiordi che, ol­tre ad aver dato nome al paese (da istintinu, budello, intestino), offri­vano un sicuro riparo alle imbarca­zioni.
All'attività della pesca si accompa­gnava quella, funzionale alla prima, della carpenteria navale, ora pur­troppo quasi del tutto scomparsa ma di livello eccellente fino a pochi de­cenni or sono, fondata com'era, da una parte, sulla solida tradizione li­gure e, dall'altra, sulle relazioni con altri vicini centri marinari di riconosciuta importanza, come Alghero e Porto Torres. La flotta dei pescatori stintinesi poteva cosi contare su im­barcazioni al contempo efficienti e di non comune bellezza, nonché, grazie alla compresenza di tradizio­ni e di tecniche di costruzione di­verse, di insolita varietà: al tipico gozzo di origine ligure, complessi­vamente lo scafo prevalente, si af­fiancavano le belle filughe ponzesi, le spagnolette algheresi, le lance a poppa quadra.
Prima della generalizzata motorizza­zione (cui questi scafi hanno co­munque mostrato di sapersi adegua­re con grande flessibilità, senza de­turpanti modifiche) il comune mez­zo di locomozione di tutte queste imbarcazioni era la vela latina, di origine antichissima e carica di una storia gloriosa. Questo tipo di arma­mento, che prevede una vela trian­golare a base libera collegata all'u­nico albero (detto antenna) dell'im­barcazione, più un fiocco o polaccone a prua, fu introdotto nel Mediter­raneo in epoca alto-medievale dagli Arabi, che certo l'avevano a loro volta importato dall'Oriente. La vela latina rivoluzionò la navigazione dell'Europa medievale per la possibi­lità che offriva, fino ad allora sconosciuta, di risalire i venti contrari, e s'impose quindi come velatura di gran lunga prevalente per le piccole e medie imbarcazioni, da pesca e da trasporto.
Sostanzialmente scomparsa ormai da decenni in tutto il resto d'Italia e in gran parte del Mediterraneo, la tradizione della vela latina si è con­servata più a lungo in Sardegna, for­se proprio grazie al maggiore attac­camento che le piccole isole etniche mostrano sempre per le antiche tra­dizioni: va infatti ricordato che, ol­tre a Stintino, esistono altre impor­tanti enclavi allogene lungo le coste sarde, fra le quali meritano una cita­zione quanto meno quella catalana di Alghero e quella ligure di Carloforte sull'isola di San Pietro.
Nel 1983, a fronte di un'attività cantieristica ormai in inarrestabile declino, esisteva ancora nel porto di Stintino una piccola flotta di imbar­cazioni a vela latina miracolosa­mente intatte: per salvarle, e insie­me per tentare di stimolare una ri­presa d'interesse verso questo patri­monio di storia e di sapienze anti­che, la locale Cooperativa turistica Stintino ideò la Regata della vela la­tina, alla cui prima edizione parteci­parono dodici barche. Da allora il successo crescente della manifesta­zione ha via
via coinvolto non sol­tanto un gran numero di gozzi e guzzette stintinesi, ma anche le ma­rinerie di tutti i porti della Sarde­gna, di altri della penisola e addirit­tura della vicina Corsica, della Provenza e della Catalogna.

Classici gozzi nel porticciolo di Stintino


Cosi ogni estate, nell'ultimo week-end di agosto, quando il grande affollamento di turisti e di natanti comincia a diradarsi, si può ammira­re, fra il porto di Stintino e le tra­sparenti acque color turchese della Pelosa, l'affascinante spettacolo al quale danno vita varie decine di ti­piche imbarcazioni da pesca, co­struite e armate secondo tradizioni antichissime, che si danno battaglia per conquistare il prestigioso trofeo d'argento messo in palio dal Presi­dente della Repubblica. La regata, articolata in due prove, è organizza­ta dalla Cooperativa che l'ha fondata e dal Circolo nautico Torres, che provvedono anche a formulare un severo quanto dettagliato regola­mento di ammissione, così da ga­rantire che scafi e vele delle imbar­cazioni da gara corrispondano rigo­rosamente ai canoni tradizionali. Non meno suggestivo è, nei giorni precedenti la regata, ammirare le barche all'attracco nel porto di Stin­tino, con i loro snelli ed eleganti scafi di legno verniciati nei classici colori, sobri e vivaci insieme, della tradizione mediterranea.

Le produzioni tradizionali della zona.

Si è detto parlando della Regata del­la vela latina che la Nurra vanta una nobile tradizione nel campo della carpenteria navale, con ben tre cen­tri di produzione rinomati, Alghero, Stintino e Porto Torres, dove però operano ormai purtroppo pochi arti­giani, quasi tutti in età avanzata, tanto che c'è temere che l'arte del maestro d'ascia scompaia fra qual­che anno con loro. Quello della car­penteria navale è in effetti un set­tore in grave crisi, cui la pubblica amministrazione ha fatto mancare il suo sostegno, rendendo cosi impos­sibile, da una parte, la formazione di nuovi talenti e il conseguente ri­cambio generazionale e, dall'altra, problematico il sostentamento delle stesse attività esistenti. Oggi i po­chi artigiani rimasti si dedicano in prevalenza a
lavori di restauro di vecchie imbarcazioni, quando non addirittura alla semplice manuten­zione ordinaria e straordinaria.

La carpenteria navale ha una gloriosa tradizione nei tre centri costieri della Nurra: Alghero, Porto Torres e Stintino.
Oggi purtroppo l'attività dei maestri d'ascia si è ridotta per lo più ai soli lavori di manutenzione.


La costruzione di nuove barche soprav­vive come attività sporadica e mar­ginale, tanto più preziosa nelle sue rare manifestazioni in quanto anco­ra legata alle tradizioni più antiche. Fra le lavorazioni artigianali della regione merita una trattazione a sé quella del corallo, che ha in Alghero uno dei centri di produzione più ap­prezzati a livello internazionale. La varietà diffusa nei fondali della co­sta algherese, il CoraUium rubrum, è infatti in assoluto fra le più pregiate al mondo, mentre la tradizione della lavorazione dell'acro rosso" è stata rilanciata nella città sardo-catalana negli anni Cinquanta, con l'istitu­zione di un apposito istituto d'arte. Nella suggestiva cornice del centro storico i'Alguer Velia) si aprono nu­merose le botteghe artigiane e le oreficerie dove sono in vendita col lane, orecchini, anelli, pendenti, spille, rosari, talismani e altri moni­li lavorati sapientemente e spesso realizzati abbinando al fascino rossatro del corallo l'oro, l'argento o le pietre di colore. L'oreficeria tradizio­nale sarda, che fa da sempre largo impiego del corallo soprattutto in funzione magica e di portafortuna, è praticata, oltre che ad Alghero, an­che a Porto Torres.
Nella stessa Alghero sono ancora abbastanza numerosi i laboratori, con annessa bottega per la vendita al dettaglio, dove si lavorano i pel­lami per produrre borse, calzature e altri capi di vestiario di pelle con­ciata.
Copiosissima la produzione vinicola di Alghero, sia nelle tenute situate nelle immediate vicinanze della città sia nella località di Santa Maria La Palma: quella di Alghero è fra l'altro la sola zona di produzione del T'orbato, un vitigno di antica impor­tazione spagnola che da luogo a ec­cellenti bianchi secchi e a un ottimo spumante brut. Altro bianco pregia­to dell'alghe rese è un Cabernet-Sau-vignon, vitigno d'importazione che ha attecchito mirabilmente nelle arenarie in cui è coltivato. Ad Al­ghero si producono anche rossi (Cannonau) robusti e ben struttura­ti e un rinomatissimo vino rosso li­quoroso, chiamato Anghelu Ruju dalnome di una celebre necropoli pre-nuragica.
La Nurra è da secoli terra di oliveti, che circondano Alghero verso l'in­terno, con una produzione d'olio ab­bondante e di grande pregio. Alcune ditte propongono anche oli fruttati e vari sottoprodotti, come melanza­ne, peperoni, funghi, carciofi, fun­ghi sott'olio.
A Olmedo, centro dell'interno con un'antica tradizione di panificazio­ne artigianale, esistono ancora po­chi forni domestici che producono pane di eccellente qualità, ma tutt'altro che facile da acquistare. Nel periodo dei Morti si tiene però in paese un'importante Mostra del pane, nel corso della quale è possi­bile gustare sia il pane tipico di Ol­medo sia altri pani tradizionali dei centri del Nord Sardegna.
Il mare della Nurra, sia quello più protetto all'interno del Golfo dell'Asinara sia quello più selvaggio e burrascoso della costa occidentale, da Capo Falcone a Bosa passando per tutto il fronte del litorale algherese, è fra i più pescosi della Sarde­gna e offre in particolare i migliori crostacei del Mediterraneo, che è come dire del mondo. L'aragosta co­stituisce quindi uno degli ingredien­ti classici della cucina tipica di que­sta regione. La si può gustare, pre­valentemente bollita, in numerosi ristoranti di Stintino e di Alghero, dove la tradizione catalana la pro­pone con due tipi di condimento di­versi, entrambi ispirati dall'esigenza di mitigare il sapore dolce delle car­ni grazie all'intervento di una com­ponente acida o aspra: in insalata con cipolle e pomodori crudi o, nel modo più classico, accompagnata da un sughetto ottenuto amalga­mando olio, limone e le uova dell'aragosta femmina.
Piatti di pesce tipicamente stintinesi sono il polpo con le patate fritte e la cassora (casseruola) di pesci e patate.
La cucina algherese si differenzia nettamente dalle altre cucine tipi­che della Sardegna, perché ha con­servato elementi tradizionali catala­ni che si sono poi venuti arricchen­do e sviluppando nei secoli a con­tatto con suggestioni locali. È que­sto il caso della cassala de caragol, cioè di lumache, prelibatezza tipica della cucina sassarese, che vengono cotte con le patate e con un soffritto di aglio, olio, prezzemolo e pomodoro. Ed è anche probabilmente il caso dell'ultigaaa, cioè delle attinie (o anemoni di mare) fritte, un piatto apprezzato in tutta la Sardegna con varie deno­minazioni (nel cagliaritano ad esempio si chiamano orziadas).

 
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