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La variopinta parata di costumi tradizionali della Sardegna è uno dei principali
motivi di fascino della Cavalcata sarda
L'occasione: la penultima domenica di maggio.
Vi sono ogni anno tre sole occasioni che offrono l'opportunità di vedere riuniti nello stesso luogo tutti i costumi tradizionali della Sardegna: la prima del calendario è la festa di Sant'Efisio a Cagliari, il 1° maggio, la seconda la Cavalcata sarda a Sassari, la penultima domenica di maggio, la terza la festa del Redentore a Nuoro, l'ultima domenica di agosto. La manifestazione sassarese si distingue dalle altre due, e da tutti i principali appuntamenti del folclore isolano, per il fatto di non essere legata ad alcuna ricorrenza religiosa. La tradizione della Cavalcata è piuttosto recente, nella sua attuale forma e nella regolarità del suo svolgimento annuale: risale infatti al 1951. Tuttavia si rifà nei suoi elementi caratterizzanti a un cerimoniale più antico, sporadicamente attestato almeno nel 1711 e nel 1899. In entrambe Le occasioni si trattò di solenni parate a cavallo in onore di un re, Filippo V di Spagna nel primo caso, Umberto I d'Italia e la regina Margherita nel secondo.
Oggi la Cavalcata unisce all'elemento solenne della parata e della presentazione dei costumi una componente di carattere più sportivo, con prove di destrezza dei cavalieri, e un'altra di carattere più marcatamente folclorico, con canti e balli che si prolungano fino a tarda notte.
La mattina è dedicata alla lenta e lunghissima sfilata, che si snoda per le strade del centro ottocentesco della città. Vi partecipano alcune migliala di figuranti, a cavallo, a piedi, sui carri ornati di composizioni floreali. Lo spettacolo più atteso è quello offerto dai gruppi provenienti dai paesi di tutta la Sardegna, con i loro schieramenti variopinti e scenografici di donne e uomini vestiti nei costumi tradizionali. Fra i costumi femminili della provincia di Sassari spiccano per la loro eleganza quelli di Osilo, Sennori, Ittiri, quello austero di Tempio Pausania, quello fiammeggiante di Nulvi. Magnifici sono poi i costumi di alcuni paesi della provincia di Nuoro, dove più forte è rimasto tuttora l'attaccamento alla tradizione: Desulo, Oliena, Orosei, Aritzo sono alcuni dei più celebri. Dal borgo di pescatori di Cabras, nell'Oristanese, viene invece il più ammirato dei costumi maschili, riconoscibilissimo fra tutti perché non prevede calzature di sorta. Il corteo, lungo oltre due chilometri, avanza lento fra due ali di folla, convenuta per l'occasione a Sassari da varie parti dell'isola e anche dal continente. Qualche cavallo, innervosito dal frastuono e dalla fantasmagoria dei colori, recalcitra o s'imbizzarrisce, accendendo ulteriori emozioni e dando modo ai cavalieri di offrire un primo saggio della loro destrezza.
Quest'ultima si esprime in tutta la sua spettacolare esuberanza nella riunione del pomeriggio all'Ippodromo Pinna.
I cavalieri sfilano al passo per le vie di Sassari
Qui prende il sopravvento quella componente dell'audacia e dell'acrobazia equestre che in Sardegna vanta tradizioni antichissime e conta ancor oggi centinaia di appassionati cultori (basti pensare alla Sartiglia con la quale si chiude il Carnevale di Oristano o alle Ardie di San Costantino. In piccoli gruppi, nei quali il numero dei cavalieri è sempre superiore di almeno un elemento a quello dei cavalli, i fantini si esibiscono nelle ardimentose "pariglie", disegnando figure acrobatiche, ritti in piedi sul dorso degli animali lanciati al galoppo. Seguo no corse di velocità e altre prove di abilità e coraggio.
La sera, infine, nell'immensa piazza d'Italia, i gruppi in costume si esibiscono in canti e balli tradizionali.
Le produzioni tradizionali della zona.
A Sassari, all'interno dei Giardini pubblici, è aperto in permanenza il Padiglione dell'Artigianato, dedicato alla memoria di Eugenio Tavolara, artista di grande originalità cui si deve, negli anni Cinquanta, il recupero, con forti componenti innovative, dell'artigianato sardo tradizionale. Gestito dall'ISOLA (Istituto sardo per l'organizzazione del lavoro artigiano), il Padiglione offre un'ampia panoramica delle principali produzioni artigianali della Sardegna, dai tappeti all'oreficeria, dall'arte dell'intreccio a quella della lavorazione del legno, dalla ceramica alla lavorazione dei pellami. In questo stesso edificio si tiene ogni due anni nel mese di maggio, e quindi in coincidenza con la Cavalcata sarda, un'importante Biennale dell'Artigianato.
Sassari è del resto città di solide tradizioni, specie per quanto riguarda l'arte orafa, che ha nel capoluogo provinciale e in Ozieri (oltre che in Alghero per quanto concerne il corallo) i due centri produttivi di maggiore interesse del Nord Sardegna. Le botteghe degli orefici si allineano perlopiù lungo le strette viuzze lastricate del centro storico medievale, di notevole pregio e di rara compattezza stilistica, benché purtroppo in larga parte in condizioni di accentuato degrado. Alla tradizionale lavorazione dell'oro a filigrana, tipica della gioielleria sarda, questi laboratori affiancano produzioni di gusto più contemporaneo. Nella stessa Sassari esistono ancora alcuni abili intagliatori del legno, depositari di un'arte che ha raggiunto nei secoli passati in gran parte del Nord Sardegna livelli di assoluta eccellenza: se ne possono trovare testimonianze nelle numerose opere che adornano le chiese della città, e in primo luogo la Chiesa del Rosario, ai margini meridionali del centro storico presso piazza Castello, dove è conservato un sontuoso retablo barocco.
Fra i paesi, tutti di antica tradizione agricola, del Sassarese, spicca per l'importanza delle sue produzioni artigianali il grosso borgo di Ittiri, oggi raggiungibile in pochi minuti da Sassari grazie alla nuova superstrada. Qui è ancora viva un'altra arte dal passato glorioso: quella della lavorazione della pietra, e in particolar modo della trachite. Del resto lo stesso abitato di Ittiri, benché privo di monumenti di rilievo, presenta al visitatore un aspetto gradevole proprio per i numerosi palazzetti di trachite a vista, istoriati con gusto e abilità dagli scalpellini locali: la prestigiosa tradizione vantata dal paese in questo campo è confermata dall'esistenza di una scuola specializzata.
Oltre che per la lavorazione della pietra e del ferro battuto, Ittiri è rinomata per la tessitura di tappeti e coperte. La tecnica impiegata è quella classica a grani (o pibiones], che permette di tracciare disegni in rilievo su fondo liscio e che di norma prevede l’uso del cotone per l'ordito e della lana per il disegno in rilievo: a Ittiri tuttavia è ancora molto diffuso l'impiego del lino, materiale tradizionale non solo per lenzuola e camicie, ma anche per coperte e copriletti. Il cromatismo si affida ai contrasti fra le tonalità scure dello sfondo (grigio carico, grigiazzurro, marrone bruciato) e quelle chiare del disegno (bianco, lana greggia, giallo pallido). Le mustras (cioè i motivi ornamentali) sono di elegante rigore geometrico e tendono alla ripetizione lineare e alternata.
Con il ritiro dall'attività delle ultime anziane artigiane, sembra invece essersi spenta la tradizione della tessitura a Ploaghe, celebre fino a pochi anni orsono soprattutto per i suoi bellissimi arazzi, i cui motivi ornamentali privilegiano simboli arcaici e orientaleggianti, come quello del castello, o temi cari al figurativismo sardo, come quello del cavallo o del cavaliere con la sua dama: ripetute con ritmo orizzontale e ammorbidile da tonalità di colore spente, accostate più per affinità che per contrasto, queste mustras danno luogo, nel loro insieme, a narrazioni dalle risonanze fiabesche e misteriose.
La stessa Ploaghe è invece tuttora rinomata per la sua fine pasticceria, specie per i pabassinos, dolcetti a base di uva passa (pabassa), ricoperti di glassa che viene decorata con diavoletti colorati, per un tipo particolare di pasta (sas pellizzas) e per gli eccellenti insaccati (in particolare il lardo, di qualità davvero superiore). Nobili tradizioni vanta anche la pasticceria di Ittiri, paese d'origine dei pirìchittos, dolcetti di forma sferica o allungata, di pasta leggerissima ricoperta di glassa aromatizzata al limone.
Le produzioni più importanti del Sassarese, anche per la loro rilevanza economica, sono tuttavia senza dubbio l'olio e il vino. Tutto l'agro di Sassari (città che può contare su uno dei territori comunali più vasti d'Italia: circa 550 chilometri quadrati) è intensamente coltivato a oliveti, con produzioni di grande pregio. E questo benché molti degli oliveti più antichi siano stati risucchiati, a cominciare dal secolo scorso, dallo sviluppo edilizio: oggi ne conservano la testimonianza soltanto i portali d'ingresso monumentali, nei quali ci si può imbattere percorrendo i viali della periferia. Ma la produzione dell'olio è di rilievo in molti dei comuni che fanno corona a Sassari da sud, come Ittiri, Usini, Tissi e Codrongianos.
Quanto ai vini, a Usini si produce uno dei Vermentini più pregiati del Nord Sardegna e un ottimo Cagnulari, vino rosso che deriva da un antico vitigno cui, nella provincia di Sassari, si deve una produzione quantitativamente paragonabile a quella del più noto Cannonau. Zone di produzione importanti sono anche Florinas (Cannonau e Vermentino), Ittiri e Tissi (Vermentino).
Contraddistinta da caratteri di marcata originalità, la cucina sassarese ha una regina indiscussa nella lumaca. I sassaresi sono ghiotti di lumache di ogni tipo e di ogni dimensio ne, di mare e di terra. Tuttavia si impongono soprattutto tre varietà, ciascuna con le proprie ricette esemplari: i Lumaconi vengono preparati con un ripieno a base di prezzemolo, aglio, uova sbattute, pane grattugiato e sugo di pomodoro; le monzette (letteralmente "monachelle": sono le lumache di taglia media, riconoscibili per il sigillo bianco) sono cucinate preferibilmente arrosto, con o senza pane grattugiato; le chiocciole di dimensioni più piccole (ciogga minudda: cioè lumaca piccina) sono di norma cucinate in umido o con il sugo di pomodoro. Altro piatto tipicamente sassarese è la favata, che si prepara nel periodo di Carnevale. È un piatto unico dai forti contenuti proteici, a base di fave secche, verza, finocchio selvatico e parti grasse del maiale.
Lo zimino (che significa camino: ed è dunque un misto di arrosti) è nella maggior parte della Sardegna un piatto di pesce: a Sassari è invece a base di interiora di vitello, che secondo la tradizione non devono essere lavate, ma asciugate e pulite con carta oleosa.
Gli oliveti caratterizzano il paesaggio dell'agro di Sassari, il cui olio è il più pregiato dell'isola