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Evoluzioni di cavalli e cavalieri intorno al santuario
L'occasione: il 6 e 7 luglio.
In molte zone della Sardegna si venera un santo che, per la verità, non potrebbe aspirare a questo titolo, non essendo mai stato canonizzato dalla Chiesa. Si tratta infatti dell'imperatore romano Costantino, oggetto di devozione nell'isola -
A San Costantino Imperatore (Santu Antine), oggetto di una devozione ingenua e spontanea, si attribuiscono azioni mirabolanti e prodigiose, a cominciare naturalmente dalla vittoria in campo aperto contro Massenzio al Ponte Milvio (312 d.C.), preceduta dal sogno premonitore con l'apparizione della croce e seguita dall'Editto di Milano (313) che legalizzava il cristianesimo. L'Ardia di San Costantino riveste appunto i caratteri di una rappresentazione rituale di questa battaglia, dalla quale le forze del male devono uscire sconfitte.
La più celebre delle Ardie è quella che si tiene ogni anno a Sedilo, comune oggi compreso nella provincia di Oristano, ma di antiche tradizioni barbaricine. Tuttavia l'Ardia di Pozzomaggiore, di istituzione più recente, ha caratteri di originalità che la distinguono da ogni altra e, oltre ad essere frequentatissima dai paesani e dai pellegrini, offre uno spettacolo scenografico di grande attrazione anche per i turisti.
A Pozzomaggiore la tradizione dell'Ardia risale agli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale, epoca tragica per tante piccole comunità agropastorali della Sardegna, letteralmente falcidiate dal conflitto nelle loro forze più giovani (basti pensare che, con la sua modestissima realtà demografica, l'isola offrì un contributo di circa 100.000 coscritti e, quel che è peggio, di quasi 14.000 morti, con una percentuale di caduti superiore di circa 4 punti alla media nazionale). Costantino Imperatore è, in certe zone della Sardegna, il santo cui la tradizione vuole che si chiedano grazie, tanto che tutti i santuari a lui dedicati sono rigurgitanti di exvoto. A Pozzomaggiore la centuplicata devozione dei reduci e dei loro familiari venne felicemente a saldarsi, nel periodo postbellico, con quella dei numerosi emigranti, relativamente arricchitisi oltreoceano ma sempre ben disposti a sacrificare a San Costantino in cambio della grazia del ritorno. In breve furono raccolti i fondi e nel giro di soli tre anni il santuario fu ultimato e solennemente consacrato il 5 luglio 1923, per ospitare nei due giorni successivi la prima edizione dell'Ardia.
Accanto alla religiosità popolare, con la sua genuina mescolanza di elementi propriamente cristiani e di altri più arcaici, di tipo magico- che ne abbia fatto richiesta, cui spetta il compito di organizzare l'Ardia del l'anno seguente.
Sfilano per il paese le bandiere dirette al santuario di San Costantino
Il priore (oberaju majore) sceglie a sua volta il cavaliere che guiderà l'Ardia, protetto da una scorta di altri quattro cavalieri (ardia significa appunto guardia, scorta). La pantomima consiste in una finta battaglia, nella quale su kaddu 'e punta (il "cavallo di punta", o primo cavallo) e i quattro che lo scortano devono proteggere sa pandeia (la bandiera con l'effigie del santo) dagli assalti degli altri cento e più cavalieri, che rappresentano nella finzione le forze pagane di Massenzio e che dovranno far figura di tentare di sopravanzare i cinque di sa pandeia, senza riuscirvi. Cosi vuole la tradizione: i cavalieri fanno finta de gherrare, fingono di dar battaglia. In pratica la cavalcata si traduce in gesti rigorosamente codificati e tuttavia spettacolari nella loro concatenazione rituale.
La prima Ardia si svolge la sera della vigilia, il 6 luglio, con inizio intorno alle cinque del pomeriggio, e termina quando il sole è già tramontato. I cavalieri compiono al galoppo un percorso predeterminato intorno al santuario, tre volte in senso antiorario, le successive tre in senso orario, suddivisi in coppie (pariglie) che devono procedere ad un forsennato galoppo mantenendo fra loro un perfetto allineamento e una sincronia senza sbavature. Su kaddu 'e punta galoppa solitario dinanzi a tutti, seguito dalle due pariglie della scorta: questi cinque indossano una giubba rossa e un copricapo cilindrico a forma di corona, mentre tutti gli altri cavalieri, pur non avendo alcun obbligo di tenuta cerimoniale, vestono in genere una camicia bianca e pantaloni da fantino. La "battaglia" è cosi stilizzata che il capo dell'Ardia, al termine di ogni giro intorno al santuario, si arresta e, prima di ripartire, attende che tutti gli altri cavalieri, pariglia per pariglia, si allineino alle sue spalle. Quindi da di sprone per il giro successivo. Colpi di fucile caricati a salve ritmano le varie fasi della rappresentazione, che si ripete con modalità pressoché identiche la mattina seguente, all'alba. Contemporaneamente, quasi a fugare ogni dubbio circa la natura sacra del rito, all'interno del santuario si celebra la messa.
Le produzioni tradizionali della zona.
Fertilissima terra di origine vulcanica, il Meilogu è una delle regioni di più solida tradizione agricola di tutta la Sardegna, caratterizzata da una continuità di insediamenti che, dall'epoca prenuragica ai nostri giorni, non ha conosciuto interruzioni. Come tutte le zone agricole dell'isola, ha subito in questi ultimi decenni un accentuato calo demografico, al quale si è inevitabilmente accompagnata la scomparsa di alcune produzioni artigianali. Il caso più paradossale è proprio quello di Pozzomaggiore, dove da ormai diversi anni non c'è più nessuno che pratichi l'arte della tessitura: eppure esiste, e viene tuttora prodotta in altre parti dell'isola, una varietà di coperta dai vivaci disegni policromi, chiamata "tipo Pozzomaggiore" in omaggio a una tradizione secolare. Nella stessa Pozzomaggiore, come anche a Banari e a Bonorva, è invece ancora praticata la lavorazione del ferro, anche nella varietà specifica della produzione di coltelli, arte che in Sardegna (e in particolar modo a Pattada) ha particolari caratteristiche di originalità e gode di prestigio internazionale.
Banari, che offre al visitatore la piacevole sorpresa di un piccolo centro storico di grande dignità architettonica, è uno dei paesi del Nord Sardegna più rinomati peri suoi scalpellini, eredi di un'arte nobile e antica, attestata in questa zona dai numerosi edifici religiosi e civili di eccellente fattura: quella della lavorazione della pietra, e soprattutto della trachite.
Scomparsa a Pozzomaggiore, la tessitura è invece ancora viva a Bonorva e a Villanova Monteleone, due fra i centri più rinomati per i loro tappeti ed arazzi. Su telai orizzontali dalla caratteristica forma legger-
A Villanova Monteleone si tesse, oltre che con la tecnica a mustra 'e agu, anche con quella più rara detta un'in dente, dove in ciascuno dei denti del pettine viene fatto passare un unico filo di ordito. Il prodotto più diffuso è il tappeto di lana a strisce alternate, di delicata elaborazione sia nella sobria policromia (spesso giocata sulla gamma dei gialli e dei marrone) sia nel ritmo della composizione, che alterna sapientemente i movimenti orizzontali delle ondulazioni e delle greche a quelli verticali delle losanghe sovrapposte in lunghe file. Un altro motivo ornamentale tipico di Villanova, chiamato katalufa, tracciato preferibilmente nelle tonalità dei grigi e dei neri sopra l'ordito bianco di cotone, prevede invece complicati sviluppi di tralci, vasi di fiori, candelieri, alari, rombi, greche ed uccelli che, muovendo dal centro del tappeto, lo ricoprono interamente fino ai margini privi di cornice.
Un caso particolare per quanto concerne le lavorazioni artigianali è offerto da Borutta dove, all'interno del convento annesso all'abbazia di San Pietro di Sorres, esistono alcuni laboratori artigiani, gestiti dagli stessi religiosi con personale in parte laico, che praticano la lavorazione del legno e quella dei pellami, quest'ultima collegata principal mente ad un'altra attività di grande pregio: il restauro dei libri antichi. Le lavorazioni alimentari hanno, nel Meilogu, il loro settore portante nell'industria casearia. Thiesi, in particolar modo, è oggi una delle capitali italiane del formaggio, con una produzione di rilevante importanza quantitativa e qualitativa specie per quanto concerne tutti i formaggi di pecora, freschi e soprattutto stagionati (pecorino sardo, fiore sardo, pecorino romano). Altri centri di produzione rinomata sono in questo campo Bonorva, Giave, Villanova Monteleone e la stessa Pozzomaggiore. Pregiati gli insaccati di Cheremule e di Siligo, dove si tiene ogni anno in dicembre una frequentata sagra della salsiccia.
Fra i prodotti agricoli impossibile non citare le ciliegie di Bonnanaro, fra le più rinomate dell'isola (frequentatissima la fiera delle ciliegie che si tiene nella prima decade di giugno).
Una particolare importanza riveste in questa regione la produzione artigianale del pane, che entra anche come componente di base in molti dei piatti tipici del Meilogu. Originario di Bonorva (ma prodotto con caratteri analoghi anche a Cheremule e Cossoine) è su zichi, un pane dalla forma circolare, croccante, spesso a lunga conservazione, mentre su zichi russu, a pasta dura con crosta e mollica compatta, è la variante di Pozzomaggiore. Pani a pasta morbida, soffice e con mollica porosa, noti per lo più col nome generico di "focaccia sarda", sono quelli di Thiesi (pane ammoddigadu) e ancora di Pozzomaggiore (pane s'ammodde).
Su zichi è il principale ingrediente del pane coddhidu, piatto tradizionale di Bonorva che si era soliti preparare in occasione di feste comunitarie: altri elementi essenziali di questa versione logudorese del pancotto sono il brodo di pecora, le patate, il lardo e il formaggio pecorino. A base di pane, ammorbidito nell'acqua bollente o nel brodo ma poi scolato e disposto a fette alternate a strati di formaggio pecorino, è un altro piatto originario piuttosto della parte occidentale della regione, il cosiddetto Paese di Villanova: chiamato pane a fittas, questo piatto semplice e saporito è infatti attestato a Villanova Monteleone e a Padria. Sempre nell'ambito di questa cucina povera e ingegnosa, in cui il recupero del pane raffermo conduce a elaborazioni interessanti, è da segnalare anche il pane doradu, una pagnotta bagnata nell'uovo e poi fritta nello strutto.
L’antico paese di Viilanova Monteleone conserva un'eccellentetradizione d'artigianato nel campo detta tessitura di tappeti
Nel Meilogu, come nel Goceano, si usa preparare una pasta di semola dall'aspetto non dissimile da quello del cus-