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Il territorio del Nord Sardegna
Con oltre 7500 chilometri quadrati di superficie la provincia di Sassari è la più grande d'Italia: la sua estensione è pari a quasi una volta e mezza quella dell'intera Liguria e di poco inferiore a quella del Friuli-
Queste dimensioni danno ragione soltanto in parte della non comune varietà di paesaggi, di ambienti culturali e sociali, di tesori archeologici e architettonici che il Nord Sardegna offre al visitatore.
La varietà è del resto un elemento caratterizzante del territorio della Sardegna nel suo insieme, una delle qualità del paesaggio che più colpiscono l'ospite anche all'esplorazione superficiale. Tolta la pianura del Campidano, che taglia diagonalmente tutto il sud dell'isola, da Cagliari a Oristano, non esiste in Sardegna alcun comprensorio significativamente esteso al cui interno non siano avvertibili forti e improvvisi mutamenti di profili, di forme, di colori. Anche i segni della presenza umana sono d'intensità diseguale: benché le zone fertili e relativamente ricche d'acqua, antropizzate da millenni, siano più frequenti di quanto comunemente si creda, è pur vero che in ben poche regioni europee capita altrettanto sovente di attraversare lunghi tratti di natura all'apparenza intatta, dove nessun edificio, nessun coltivo, nessun animale domestico vengono a interrompere il dominio del bosco, della macchia e delle rocce affioranti.
All'interno del territorio del Nord Sardegna una prima cesura si rende evidente, tanto dal punto di vista geologico e morfologico quanto da quello antropico, fra il Logudoro, che occupa tutta la parte occidentale e centro-
Al di là di queste incertezze e parziali sovrapposizioni, le differenze paesaggistiche, storiche, linguistiche, economiche fra le due regioni restano profonde. Contrariamente al Logudoro, che ha conosciuto una frequentazione umana intensissima fin dalle età più remote e una compresenza, già in epoca preistorica, di agricoltura e pastorizia, la Gallura è stata sempre segnata da un destino di solitudine, con pochi e isolati insediamenti, da un'economia pressoché esclusivamente di tipo pastorale e da lunghissimi periodi di spopolamento totale dei litorali. Le vicende di questo secondo dopoguerra hanno in qualche misura attenuato la disparità fra le due regioni o, piuttosto, l'hanno resa meno marcata e meno facile da cogliere ad un'osservazione superficiale: da una parte, infatti, il forte flusso migratorio degli anni Sessanta e Settanta, con il conseguente abbandono generalizzato delle campagne, ha molto mortificato la vocazione agricola di vasti comprensori del Logudoro (come l'Anglona e il Meilogu) provocando quasi dovunque una schiacciante prevalenza dei pascoli sui coltivi;
dall'altra lo sviluppo turistico, particolarmente rapido e tumultuoso sulla costa orientale e nordorientale, ha avuto il duplice effetto di compensare il divario economico e demografico fra le due regioni e di mascherare sotto la continuità a tratti perfino soffocante degli insediamenti turistici quella singolare rarità dei presidi litoranei che, in precedenza, costituiva uno degli elementi più caratteristici della costa gallurese.
Il vasto arenile di Badesi, sul lato orientale del Golfo dell'Asinara, è formato dai depositi alluvionali dei fiume Coghinas
Queste recenti trasformazioni del paesaggio, relativamente profonde lungo i litorali (ma con notevoli eccezioni specie sulla costa occidentale, nel tratto a sud di Alghero, e su quella settentrionale nella sua parte gallurese, da Badesi ad Aglientu), si fanno via via meno incisive e spesso irrilevanti procedendo verso l'interno, dove il territorio ha conservato sostanzialmente intatti i suoi caratteri originari.
In Sardegna più che altrove (e in Gallura in misura ancor più macroscopica che nel resto della Sardegna) un effetto paradossale del turismo di massa, con la sua destinazione pressoché esclusivamente balneare, è stato quello di portare il visitatore proprio nei luoghi che dalla popolazione indigena erano stati, nei secoli, più costantemente evitati:
luoghi poveri di storia e, a dispetto della loro straordinaria ricchezza di bellezze naturali, del tutto artificiosi dal punto di vista urbanistico e antropologico. Il bagnante sta, in modo quasi simbolico, di fronte al mare, dando le spalle al territorio, alla sua complessità e varietà, e ad ogni reale possibilità di comprensione degli agenti, naturali e umani, che hanno dato forma al paesaggio. Perfino quel che di autenticamente tipico gli viene offerto, nelle botteghe degli artigiani o nei ristoranti, appartiene a una tipicità che risiede altrove, in qualche punto dell'isola più o meno lontano ed ignoto, e ha dovuto viaggiare poco o tanto per raggiungere quelle località costiere dalle quali in passato si era sempre mantenuto a rispettosa distanza. Ne consegue che il turista, a meno che sia fortemente motivato a spingersi nell'interno dell'isola da passioni o curiosità personali, non riesce a formarsi, al termine della vacanza, alcuna idea precisa dell'isola che l'ha ospitato e neppure della porzione di territorio immediatamente retrostante la spiaggia in cui ha soggiornato.
Per offrire una prima agile possibilità di orientamento negli oltre 7500 chilometri quadrati del Nord Sardegna, queste pagine introduttive cercano di descrivere in estrema sintesi le specificità locali delle varie porzioni di territorio in cui questa vasta regione può essere suddivisa, sia sulla base delle caratteristiche morfologiche del paesaggio sia sul filo delle vicende storiche che sono venute tracciando nei secoli confini non ufficiali, ma più marcati di quanto il visitatore sia portato a credere. In Sardegna in generale, e nel Nord Sardegna in particolare, sono tuttora molto più vivi che altrove, e utilizzati nella lingua d'ogni giorno, i nomi storici delle sub-
Da nord a sud e da ovest a est si distinguono dunque, nella provincia di Sassari, le seguenti principali regioni storico-