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Comune di Mores |
L'olivastro plurisecolare di Meddaris
II paese, posto ai piedi del Monte Lachesos, sembra essere cresciuto ai lati della strada che collega Ozieri con la Carlo Felice: strada in realtà molto antica, poiché il suo tracciato non si discosta di molto da quella che fu percorsa da fenici e punici (qui intorno si sono trovati una necropoli e un gran numero di monete puniche) e che divenne poi un'importante arteria che conduceva all'insediamento romano di Hafa.
L'abitato, privo d'altri elementi di rilievo, si distingue per il campanile della chiesa parrocchiale di Santa Caterina, che si leva altissimo su case e strade.
È il più alto campanile della Sardegna (misura poco meno di cinquanta metri) e fu costruito nel 1871, in belle linee neoclassiche, da un architetto di Mores, Salvatore Calvia, che a Torino era stato allievo dell'Antonelli.
Nella chiesa, la cui facciata risale al 1670, sono conservati due quadri di qualche pregio, un seicentesco Sant'Onofrio di Francesco Fracanzano, di scuola napoletana, e un San Sebastiano di un anonimo pittore emiliano dello stesso periodo.
Il territorio abbraccia per un'estensione rilevante le fertili terre irrigue del Campo di Chilivani e Ozieri e una parte del Monte Santo (733 metri), vulcano spento sulla cui cima sorge una chiesetta dedicata ai santi Elia ed Enoch.
Sul monte di forma troncoconica vi è un grande masso calcareo: Su Crastu de Santu Eliseu, nel quale sono scavate alcune domus de janas su due piani, risalenti all'età compresa fra il 3500 e il 2700 a.C.; una di esse fu riutilizzata in età paleocristiana come chiesa rupestre.
Altre domus de janas, alle quali sono legate numerose leggende, si trovano alle pendici rocciose del Monte Lachesos.
A qualche chilometro dal paese, presso l'altipiano di Su Sassu, si leva il Nuraghe Sos Istattos, che ha tre torri massicce collegate da cortine murarie.
Il monumento funerario preistorico più importante del territorio di Mores è il Dolmen di Sa Coveccada, il più grande che esista.in Sardegna e fra i più imponenti del Mediterraneo.
Il dolmen, eretto fra il terzo e il secondo millennio a.C. a poca distanza dal corso del Rio Mannu, è costituito da tre grandi lastre di pietra lunghe circa cinque metri che ne sostengono una quarta. Tutti i massi sono lavorati con cura.
A sinistra della lastra di chiusura si apre una piccola nicchia, che serviva forse per accogliere le offerte.
Non lontano, lungo il corso del Rio Mannu, si trovano i resti di un ponte dì età romana, il Pont'Ezzu, delle cui tre arcate originarie se ne sono conservate due.
Un singolare rito si svolge ogni anno, il 27 agosto, presso la chiesa campestre di San Giovanni Battista:
a mezzanotte, dopo aver raggiunto la chiesa in processione, i fedeli immergono i piedi nell'acqua di una fontana, per un lavacro cui si attribuiscono virtù purificatrici.