Nùoro (in sardo Nùgoro) è una città italiana di poco meno di 37.000 abitanti, capoluogo, dal 1927, dell'omonima provincia della Sardegna centro-settentrionale. La città si estende su un altopiano granitico, a circa 600 m. s.l.m., ai piedi del Monte Ortobene, la cui vetta, detta "Cùccuru Nighèddu", raggiunge m. 955 di altitudine. La sua provincia è attualmente una delle meno popolose d'Europa, e raccoglie numerose bellezze paesaggistiche e naturali di grande rilievo, tra cui il Gennargentu ed il Golfo di Orosei, con un interesse particolare per le bellezze naturali che vengono offerte nel tratto di Sardegna (ed in particolar modo verso la costa) tra Cala Gonone (comune di Dorgali) e l'Ogliastra.
ETIMOLOGIA
Il nome deriva dal nuorese "Nùgoro"; si è sostenuto dallo Spano (1872) che questa a sua volta provenisse da una non precisata radice nur o ur con significato "casa" o "luce" o "fuoco", quest'ultima intesa come "focolare domestico", stante il radicamento dell'uso fiscale del termine, ma questa interpretazione è stata oggetto di rilevanti contestazioni di altri linguisti. La radice ha comunque secondo la maggior parte degli studiosi origine "prelatina, protosarda, non chiarita". A partire dall'XI secolo si rileva il tipo toponimico nugor. È frequente l'errata pronuncia del nome di questa città. Derivando da tre sillabe (Nù-go-ro), la pronuncia corretta mantiene l'accento iniziale sulla "u". come in Nùoro, e non Nuòro, benché secondo alcuni studiosi quest'ultima potrebbe essere utilizzata come forma meno corretta. Il dialetto nuorese ("Su nugoresu") è a buon diritto considerata la più conservativa tra le lingue neolatine.
La DA VEDERE
Cattedrale di Santa Maria della Neve
E' un monumento del XIX secolo, in stile neoclassico. Eretta per volontà del vescovo Giovanni Maria Bua, nella prima metà del XIX secolo. Il progetto venne affidato all'architetto Antonio Cano. La posa della prima pietra risale al 12 novembre 1835. I lavori, che furono rallentati a causa della morte accidentale durante l'esecuzione dei lavori, dell'architetto Antonio Cano nel 1840, terminarono nel 1853. All'interno è presente un'importante tela rappresentante la deposizione di Cristo dipinta da Alessandro Tiarini.
L'antica Chiesa della Madonna delle Grazie
Il 22 ottobre 1679 il Vescovo di Alghero Francesco Lopez de Urraca concedeva a Nicolau Ruju Manca la "permissione di poter fabbricare una chiesa in onore della Vergine delle Grazie di Nuoro". Comincia con quest'atto ufficiale la storia della chiesa delle Grazie, edificio che è da considerarsi tra i più rilevanti della città di Nuoro. L’antico rosone in trachite, incastonato nella facciata, si dice provenisse dalla più antica chiesa di "Santu Milianu" andata ormai in rovina. La chiesa si trova nell'antico quartiere di Seuna. E' stata di recente restaurata. Realizzata alla fine del seicento in una foggia semplice, lineare, quasi rustica. La facciata presenta un portale centrale, con due semicolonne sulle quali poggia un doppio architrave modanato sormontato da un timpano triangolare in trachite. Gli stipiti ed i capitelli delle colonne sono decorati con figure zoomorfe e floreali che rimandano al linguaggio decorativo gotico-catalano. Al di sopra di esso, come unico elemento decorativo della facciata troviamo un rosone di foggia gotico-catalana, in trachite rossa che, secondo la tradizione, proviene da una più antica Chiesa nuorese del trecento, San Giuliano Martire[senza fonte]. Al portale si accede tramite una scalinata in granito. Un secondo ingresso si apre nella fiancata laterale sinistra della Chiesa, il quale si presenta con stipiti in trachite rossa e sovrastato da una nicchia, con logiche decorative tardo barocche. Sulla fiancata destra poi, il terzo ingresso al tempio, di nuovo con stipiti in trachite rossa, conduceva un tempo ad uno spazio esterno ampio e circondato da colonne, che fungeva da ostello per i pellegrini durante la festa della Patrona di Nuoro. Questo genere di ostelli, noto come "Cumbessias", sono tipici della Sardegna ed i più antichi risalgono al periodo della dominazione bizantina. Sulle fiancate vi sono infine loggette che interrompono, alleggerendolo, il volume massiccio della costruzione. L'edificio sacro ha pianta rettangolare e presenta un presbiterio quadrato. Il soffitto è costituito da una volta a botte. L'altare maggiore è sopraelevato di un metro e mezzo rispetto alla navata. Pregevoli dipinti, raffiguranti i 12 Apostoli, i Profeti, alcuni brani delle Sacre Scritture ed episodi dell'edificazione della Chiesa, sono conservati nel Santuario. Risalgono al XVIII secolo: sono stati realizzati su intonaco, poi imbiancato a calce fresca, con terre colorate, secondo una tecnica sarda molto peculiare anche nell'effetto. Nel 1720 l'area ecclesiale ospitò una residenza dei Gesuiti. Sotto il pavimento venne ritrovata la sepoltura di una persona di sesso maschile, probabilmente il costruttore della chiesa Nicolau Ruju Manca.
Piazza Sebastiano Satta
La piazza-monumento è posta al centro di Nuoro fra il corso Garibaldi e il rione di Santu Prédu. Si tratta di piazza ideata da un importante artista contemporaneo. L’idea di utilizzare questo spazio, la vecchia piazza Plebiscito, per onorare il "vate di Sardegna", Sebastiano Satta (1867-1914), venne infatti perfezionata nel 1967 con l’incarico allo scultore oranese Costantino Nivola (1911-1988), reduce dall'esperienza americana a contatto con architetti come Le Corbusier o Saarinen. Nivola iniziò ad eseguire una serie di schizzi e scelse la strada minimalista con l’inserimento di piccole rappresentazioni in bronzo in giganteschi massi granitici provenienti dal monte Ortobene, anche al fine di legare il paesaggio urbano e quello del Monte visibile sullo sfondo della piazza. La piazza è di forma irregolare e pavimentata da piccole pietre di granito bianco squadrate, da cui sembrano nascere panche formate da parallelepipedi regolari dello stesso materiale. Le indicazioni simboliche emergenti dalla piazza rimandano alla cultura sarda, antropologica e arcaica. Nelle cavità protettive e allusive delle rocce la figura del poeta, rappresentata da otto piccole statue in bronzo, vi trova accoglienza, esaltazione fantastica o riposo. Qui la personalità di Sebastiano Satta è ripresa nei suoi diversi aspetti, umani e artistici. Nivola ha preteso l’intonaco e il bianco calce negli edifici circostanti per dare ampiezza, luminosità e semplicità all’architettura casuale degli abitati, tra i quali si riconosce la stessa casa in cui visse il poeta.
Statua del Redentore, eretta nel 1901 (sul Monte Ortobene)
Scultura "Madre dell'ucciso" (Francesco Ciusa) (nella chiesa di San Carlo)
Sa Conca, rifugio sotto roccia utilizzato come ovile (sul Monte Ortobene)
Porta della città con madre mediterranea (Pietro Cascella).
Il Monte Ortobene
L'Ortobene è il monte dei nuoresi per eccellenza. Luogo di grande pregio paesaggistico e naturalistico, i suoi freschi boschi sono meta di escursioni ad un passo dalla città. Offre inoltre grandi suggestioni in occasione delle nevicate invernali. La vetta raggiunge i 955 m. slm. In cima si raggiungono diversi belvedere ampiamente panoramici sul Monte Corrasi di Oliena, verso il Supramonte, il Gennargentu ed il mare. Importante e suggestivo è quello che ospita la statua del Redentore, opera di Vincenzo Ierace, cui è ispirata l'importante sagra folkloristica di fine agosto. La flora e la fauna sono quelle tipiche della Sardegna centrale, con boschi di lecci, volpi, cinghiali, ghiri, falchi e persino una coppia di aquile reali. Di rilevante interesse turistico ed antropologico è la cosiddetta "sa conca", una residenza rurale suggestiva e unica ricavata all'interno di un enorme masso di granito cavo e di forma sferica, situato sul ciglio della strada che porta al parco di "Sedda Ortai". Sempre nella zona di "Sedda Ortai", si trovano le tracce di un antichissimo villaggio alto medievale. Ai piedi del monte in località Borbore si trova una interessante zona archeologica dove vi sono ancora varie Domus De Janas (lsecondo la tradizione "case delle fate"), necropoli risalenti al Neolitico finale (cultura di Ozieri, 3200-2800 a.C.) ed Eneolitico (cultura Monte Claro, 2400-2100 a.C.). In cima si trova l'antica chiesa campestre di Nostra Signora 'e su Monte. Presso le pendici settentrionali del Monte vi sono ulteriori tracce del vissuto storico dell'uomo come il santuario di Valverde, i ruderi delle chiese di Sa Itria e di Santu Jacu, che presentano ancora i muri perimetrali e le basi degli archi in granito, infine le tracce della Chiesa di Santu Tomeu. Queste strutture religiose, insieme al mulino settecentesco sito in località "Capparedda", meriterebbero interventi di recupero e restauro. Interessanti, infine, i numerosi "rocciai", cumuli naturali di massi granitici, nati con l'erosione dei venti, che assumono spesso forme inusuali come ad esempio le rocce dell'Orco, o quella della spugna.
Il borgo di Lollove
Si tratta di un borgo isolato, abitato da poche decine di residenti, sospeso nel tempo e nel silenzio. Oggi questo minuscolo gruppo di case costruite all'autentica ed antica "maniera sarda" regala un'atmosfera affascinante. Fra i ruderi abbandonati e le poche case abitate si erge la chiesetta seicentesca della Maddalena, in stile tardo-gotico, con archi a sesto acuto in trachite rossa. Nel villaggio non vi è alcun tipo di attività commerciale. Si tramanda la leggenda che il borgo venne colpito dalla maledizione di alcune suore fuggite a causa della relazione carnale di qualcuna di esse con i pastori: “Sarai come acqua del mare; non crescerai e non morirai mai”.
MANIFESTAZIONI
Riveste enorme importanza, sia per l'attaccamento e devozione dei nuoresi sia come attrattiva turistica, la Sagra del Redentore che dura circa una settimana, all'interno della quale vi è anche la sfilata dei costumi della Sardegna. La sagra ha termine con la funzione religiosa che ha sede ai piedi della statua del redentore il 29 di agosto di ogni anno.
Un altro importante appuntamento è quello del 21 novembre per la festa della Madonna delle Grazie a carattere prettamente religioso. Secondo la tradizione, un giovane pastore trovò, nel XVII secolo, una piccola statua lignea della Madonna che si dimostrò miracolosa. Per ricordare l’antichissimo avvenimento, da secoli viene allestita una processione in cui 12 giovani nuoresi, col tradizionale costume, offrono 12 ceri alla Madonna in rappresentanza degli altrettanti rioni della città[11].
Molto sentita è anche la festa di Sant'Antonio abate, il 17 gennaio, durante la quale, come in molti centri della zona, i vari quartieri organizzano grandi falò (sos focos) nelle piazze e offrono ai cittadini fava e lardu (fave con lardo), vino e pane carasau. È tradizione durante la festa fare il giro dei numerosi fuochi della città dove gli organizzatori fanno a gara per il fuoco piu bello e l'ospitalità. Attorno al fuoco: canti, balli sardi e l'immancabile gioco della morra. I più frequentati sono solitamente quelli dei quartieri del centro storico, come quello di Santu Predu o della cattedrale.
Per il carnevale si può assistere alla manifestazione del carnevale barbaricino, con le maschere provenienti dai centri vicini come i mamuthones di Mamoiada, boes e merdules di Ottana, turpos di Orotelli, su bundu di Orani etc. Di recente è stata riscoperta una delle caratteristiche maschere di Nuoro chiamata Bove o Boves, simile ai boes di Ottana e citata dallo studioso Raffaello Marchi. Altre maschere tipicamente nuoresi, attualmente in fase di studio e ricostruzione, sono quelle di su turcu e quella di maschera a gattu, molto simile a quella scoperta di recente a Sarule, citate da Grazia Deledda in alcune sue opere.
ORIGINI
Le tracce più antiche della presenza dell'uomo nel territorio di Nuoro risalgono alle Domus de janas del III millennio a.C. ed ai resti di un villaggio prenuragico del II millennio, che si trovano presso il nuraghe Tanca Manna. Il villaggio, attualmente oggetto di scavi, è costituito, secondo una stima della Sopraintendenza Provinciale, da centinaia di capanne, alcune delle quali ormai sotto le vicine abitazioni ed occupa un'estensione totale di oltre 2 ettari. Alcune delle capanne già scavate, sia di pianta circolare che di pianta rettangolare, presentano ancora l'originario pavimento costituito da un battuto di argilla e sughero costruito con l'intento di ridurre l'umidità delle abitazioni. Nelle vicinanze del Tanca Manna vi sono alcune Domus de janas. Alcune di queste sono state però distrutte per la cavazione del granito. Sono stati inoltre trovati frammenti di ceramiche della cultura di Ozieri risalenti al 3500 a.C. Presso le alture vicine alla città a "Sedda Ortai" nel Monte Ortobene sono presenti tracce di muratura di una fortificazione verosimilmente dell'età del Rame. La Civiltà nuragica, a partire dal 1500 a.C. e fino all’invasione romana, ha lasciato una forte impronta sulla storia di Nuoro come dimostrato dai numerosissimi nuraghi presenti nella zona (oltre 30 nel territorio comunale). Essi coronano quasi tutti i colli della città, risultando ormai inglobati nel tessuto urbano (nuraghi Tanca Manna, Ugolio, Biscollai) o sono collocati nelle immediate periferie (Corte, Tigologoe, Tèrtilo, Tres Nuraghes, Gabutèle), spesso accompagnati da tombe dei giganti o da villagi nuragici, per lo più ancora da indagare. Di tanti nuraghi rimangono vaghe tracce, come nel caso del colle di S. Onofrio. Sono rilevanti per la complessità costruttiva sia il nuraghe Nurdole che il nuraghe Noddule, nei quali sono presenti rispettivamente una vasca lustrale con incisioni decorative ed un pozzo sacro costituito da trachiti policromatiche. Il ritrovamento di oggetti di fattura non nuragica segnala la presenza di flussi commerciali extra insulari (come ad esempio un piccolo leone bronzeo di probabile fattura etrusca o perle di ambra baltica provenienti dal nuraghe Nurdole).
CENNI STORICI
La penetrazione romana fu di grande efficacia in quest'area come testimoniato dalla parlata del Nuorese, la lingua romanza più fedele al latino. Nuoro sorge infatti lungo la strada romana che da Cagliari (Karalis) conduceva ad Olbia (Ulbia). Plinio il Vecchio menziona per la particolare bellicosità i celeberrimi popoli situati nella Sardegna centrale con il nome di Ilienses (secondo 2 tradizioni leggendarie derivanti dalla città di Ilion - Troia oppure discendenti di Iolao). Tra questi nella zona tra Nuoro e Orotelli erano situati i clan "Nurritani". Dagli ultimi studi risulta che in epoca romana vi sono tracce di insediamenti in una prima fase nei pressi del Monte Ortobene e successivamente più a valle nella zona dell'antico rione di Seuna, mentre nella località di Ugolìo sono presenti tracce di sepolture romane con copertura in terracotta. Con la caduta dell'Impero Romano la Sardegna passa nel 476, con tutta la provincia d'Africa, sotto il dominio dei Vandali che dura fino al 548, quando Giustiniano I, imperatore d'Oriente, riesce a riconquistare la Sardegna all'Impero Bizantino. Le fonti storiche più importanti su quel periodo sono costituite dalle testimonianze dirette di Procopio e dalle 39 lettere di Papa Gregorio I (590-604). Dalle lettere del pontefice emerge l'esistenza di due Sardegne diverse: una romanizzata, cristianizzata e bizantina (quella dei Provinciales), ed una interna, costituita da aggregati cantonali, con popolazioni idolatre e pagane, la Gens Barbaricina governata da Hospiton. Dopo una costante azione diplomatica (testimoniata nelle lettere succitate), nell’estate del 594 si concluse un patto tra Bizantini e Barbaricini dove, tra i vari accordi, Hospiton accettò la conversione al Cristianesimo del suo popolo. Nel quartiere di San Pietro in via Brusco Onnis è stata rinvenuta una tomba bizantina (poliandro), dove all'interno vi erano cuspidi di lance e fibbie bronzee per cinturoni in cuoio, tipiche dell'equipaggiamento bellico di una decarchia, un corpo di guardia di soldati-coloni con famiglia al seguito, detti Kabaddaris. Ciò conferma la presenza in epoca alto medievale della èlite militare bizantina nel territorio. La cristianizzazione della Sardegna avviene con un riferimento culturale bizantino, quindi greco e orientale, ma in stretto collegamento col la Chiesa di Roma. Il culto di alcuni Santi della Cristianità orientale non riconosciuti dalla Chiesa Cattolica, come ad esempio San Costantino, imperatore d'oriente, sopravvive a tutt'oggi nelle tradizioni popolari. Con l'affievolirsi del controllo imperiale a causa dell'affermazione della potenza islamica nel Mediterraneo occidentale la Sardegna si ritrova, per la prima volta da centinaia d'anni, a doversi gestire in autonomia. Nascono attorno al IX secolo i Giudicati, 4 regni autonomi collegati dalla comune origine amministrativa Bizantina. Di fatto essi spartiscono territorialmente la Barbagia sotto la propria autorità. Durante i "secoli bui" Nuoro e la "Curatoria Dore-Orotelli" fecero parte del Giudicato di Torres, un regno giudicale legato da rapporti di amicizia verso i carolingi e la Francia. Ciò si evince anche da alcuni aspetti gestionali della cancelleria giudicale. Il Giudicato si estendeva dal sassarese alle parti più settentrionali delle attuali province di Oristano e di Nuoro; Il villaggio di "Nugor", di poche centinaia d’abitanti, si rileva su carte medievali risalenti al 1147 (con la dicitura "Nori"). Il Villaggio era costituito da due nuclei vicini: uno sorgeva attorno alla chiesa di "Santu Milianu" nel quartiere "Seuna" ed uno vicino alla chiesa di "Santu Pedru" nel quartiere omonimo. Il nome di Sant’Emiliano è fondamentale nella storia di Nuoro in quanto testimonia il ritorno a valle, in prossimità di una ricca sorgente d’acqua, "Sa Bèna", della popolazione che si rifugiò in origine nel monte Ortobene ed in particolare dal villaggio sito vicino alla località "Milianu", lungo le rive del ruscello Rìbu ’e Séuna. Da tale corso d'acqua trae infatti origine il nome del villaggio, ora quartiere, "Seuna" in cui si preservò, tramandandola, la tradizionale devozione al Santo da parte della comunità. L’antico rione si sviluppa attorno alla chiesa andata perduta di "Santu Milianu". Tutt’intorno alla chiesa sorgevano case piccole e basse con i tetti incannicciati e a tegole curve, in un intreccio di viottoli e rioni, ciascuno dei quali aveva un nome caratteristico che gli dava una fisionomia precisa: Sa còrte ’e sos sètte fochìles (grande cortile sul quale si affacciavano sette focolari, sette case); Su puttichéddu (pozzo oggi essiccato); Fóssu Loróddu (letteralmente “fosso sporco” dove si era soliti buttare l’immondizia); San Nicolò (zona intorno all’antica chiesetta di San Nicolò, andata poi in rovina); Sa Bèna (abbeveratoio per il bestiame posto nell’attuale cortile della chiesa delle Grazie). Nel XII secolo Nuoro fu ricompresa nella sede vescovile di Ottana; Fra il 1300 ed il 1400 l’importanza di "Nugor" cresce insieme ad i suoi abitanti, più di mille e, fra il 1341 e 1342, viene indicato nei documenti contabili come uno dei villaggi che versavano maggiori tasse alla Diocesi. Nei secoli seguenti il borgo restò relativamente isolato e non rilevò per i conquistatori che si succedettero nell'Isola (Pisani, Aragonesi e Spagnoli), se non per la pesante imposizione fiscale. Si noti infatti che le informazioni sul borgo medievale si ritrovano nel liber fondachi, un registro fiscale pisano sui possedimenti in Gallura e Baronia della metà del Trecento. Il villaggio cresce e nei registri Spagnoli, in particolare negli atti del Viceré Gerolamo Piementel, si riporta che "La encontrada de Nuero tiene 4 villas Y la primera Villa de Nuero 1434 Fuegos, Villa de Orgosolo 1162 fuegos, Villa de Loloy 83 fuegos, Villa de Locoy 54 fuegos". Nei documenti storici del Vescovado di Alghero, da cui dipendeva la diocesi di Ottana, nel 600 sono registrate in città 15 chiese urbane, 7 chiese periferiche e 9 chiese campestri. La dominazione aragonese prima e spagnola successivamente hanno contribuito in modo determinante all'elaborazione delle tradizioni religiose, dei manufatti artigianali e delle ricche vesti d'uso quotidiano, oggi chiamati "costumi" si indossano in occasione delle sagre folkloristiche. Alla fine del XVII secolo a seguito di pestilenze e carestie si registra un crollo demografico e nel 1698 negli atti del Viceré De Solis Volderrabano si registrano 936 Hombres y 1168 Mujeres ma il paese di "Nuero" diventa il primo centro abitato delle zone vicine (Barbaja Ololay, Marquesado de Orani, Encontrada de Nuero) e versa al Regno di Spagna la maggiore quantità di tasse con 924,08 Libras. La guerra di successione spagnola coinvolse tutte le potenze europee. Con la pace di Utrecht il Regno di Sardegna sembrava destinato a entrare nell'impero asburgico. Nel 1717, tuttavia, un corpo di spedizione spagnolo inviato dal cardinal Alberoni, occupò di nuovo l'Isola, cacciandone i funzionari asburgici. Tra il 1718 e il 1720 il Regno di Sardegna verrà definitivamente ceduto alla Casa dei Savoia, che acquisì così il titolo monarchico. Più estesa e popolata dei paesi del circondario, Nuoro acquistò un ruolo di riferimento per il territorio circostante. Nel 1777 il canonico Francesco Maria Corongiu scrive che Nuoro era "provvista di belle e ampie strade, deliziosa nella sua campagna ed abbondante altresì d´ogni genere di viveri, di buone carni, pane, circostanze tutte che rendono più grato il soggiorno". Nel 1779 il vescovo di origini spagnole Roich fece ricostituire a Nuoro la sede dell'antico vescovado di Galtellì, ottenendo apposito decreto da Papa Pio VI. Nella bolla pontificia si legge che "… Nuoro conta 589 famiglie e 2782 abitanti, vi sono 5 case di cavalieri e oltre 30 di gente civile e benestante, qualche laureato e otto notai…" La diocesi assunse il nome "Galtellinensis-Nuorensis". Nuoro divenne sede del Tribunale di Prefettura (1807), città nel 1836, e sede di Divisione Amministrativa e di Intendenza nel 1848 (in pratica una terza provincia sarda, dopo Cagliari e Sassari); poi l'ultimo titolo fu ridotto nel 1859 a quello di sottoprefettura. Si sviluppò perciò come centro amministrativo a partire dalla seconda metà dell'Ottocento, periodo in cui si aprì ad un rilevante insediamento di funzionari piemontesi del Regno di Sardegna e commercianti continentali. Così avrebbe in seguito descritto questo passaggio storico il Satta: "In breve, i nuoresi si trovarono amministrati, rappresentati dagli estranei, e in fondo non se ne dolsero. Era un fastidio in meno. L'adozione della riforma agraria denominata Editto delle Chiudende del 6 ottobre 1820, provocò nell'intera Barbagia dei forti dissensi e disordini a causa dell'appropriazione selvaggia di terreni, sino ad allora adibiti ad uso comunitario (e giuridicamente anche ad uso civico). Ci furono rivolte sanguinose, faide e numerosi omicidi in una sempre più grave serie di tragedie, tali da sconsigliare il Valery, che nel 1834 stava realizzando il suo "Voyage en Sardaigne", dall'approssimarsi a Nuoro, solo lambita nel suo articolatissimo itinerario. Tuttavia il culmine del malcontento si raggiunse dopo che nel 1858 furono alienati anche i terreni demaniali, che sarebbe sfociato poi nei noti moti de su Connottu, quando al culmine della tensione il 26 aprile 1868 diverse centinaia di persone assaltarono il palazzo del municipio e diedero alle fiamme gli atti di compravendita dei terreni del demanio. Il banditismo, che dopo Su Connottu si pretese almeno in parte corroborato da sentimenti di ribellione al nuovo regime dei suoli, ebbe una recrudescenza e lo stato rispose con l'invio di truppe di polizia, numerose quanto poco efficaci nel contrastare grassazioni e faide. Sul finire dell'Ottocento si fece più grave l'usura, i cui maggiori gestori erano dei "miserabili napoletani" ed anche la Deledda ebbe a citarla in una delle sue opere. Con il Novecento il fermento culturale che avrebbe dato vita alla importante avanguardia artistica sarda si giovò del notevole miglioramento dei trasporti per la comunicazione col Continente, ed anzi prese proprio questa a suo obiettivo; pian piano, si fecero conoscere oltremare le opere della Deledda, dei pittori, dei poeti. Celebri per il notevole pregio le sculture di Francesco Ciusa. Nuoro divenne un centro culturale di grande rilievo. Con l'allargamento dei servizi e dei posti di lavoro amministrativi, iniziarono a trasferirsi a Nuoro molti abitanti dei paesi vicinanti e fra questi alcuni artisti. Passate la guerra di Libia e la prima guerra mondiale con un elevato numero di caduti, si ebbero in città i primi sviluppi delle sinistre. Uno dei principali attivisti fu l'avvocato Salvatore Sini (noto "Badore"), originario di Sarule, più conosciuto come autore dei testi di "Non potho reposare", canzone in lingua sarda di grande successo nell'isola, ma in realtà impegnato in molte campagne fra le quali una per la fondazione di una lega fra le donne operaie. Nel 1921 fu visitata da David Herbert Lawrence, il quale voleva conoscere i luoghi dove erano ambientati i romanzi della Deledda di cui egli stesso nel 1928 scriverà la prefazione della versione inglese della Madre. Lawrence rimase a Nuoro per una sola notte, e di questa fugacissima tappa, restano alcune interessanti pagine di "Mare e Sardegna" nelle quali descrisse una animatissima sagra in costume. Nel 1926 fu conferito il premio Nobel a Grazia Deledda. Avendo già assunto almeno moralmente questo ruolo, ed essendola in pratica già stata nel secolo precedente, Nuoro ridivenne provincia durante il Fascismo, nel 1927. I rapporti del regime con la popolazione passarono attraverso la mediazione di alcuni artisti, i quali imposero il rispetto di forme culturali autoctone, nonostanze le politiche di unificazione nazionale. L'uso degli indumenti della tradizione fu tollerato e si giunse anzi ad avere diversi nuoresi in abiti sardi per le cerimonie del matrimonio di Umberto II. Notevole fu, tra gli artisti di punta, Remo Branca, preside del liceo ginnasio (succeduto al padre di Indro Montanelli, che in questa città trascorse l'infanzia) ed infaticabile animatore culturale. Nel 1931 raggiunse i 9.300 abitanti. La città contava oltre ai quartieri originari, Santu Predu, dei pastori e dei proprietari terrieri e Seuna, dei contadini, dei braccianti e degli artigiani, can la "via Majore" (attuale Corso Garibaldi, tutt'ora la via "di passeggio"), dei signori, altri dieci rioni: S'Ispina Santa (via Sassari), Irillai (via della Pietà), Santu Carulu (via Alberto Mario), Su Serbadore (via Malta), Corte 'e susu (via Poerio), Santa Ruche (via Farina), Sette Fochiles (via Lamarmora), Fossu Loroddu (Largo Nino di Gallura), Su Carmine (Piazza Marghinotti), Lolloveddu (via Guerrazzi). Vi è poi Lollove, frazione che dista circa 15 chilometri dal capoluogo, piccolo centro rurale che mantiene un aspetto quasi incontaminato rispetto alle origini, nota nell'immaginario collettivo locale come una locazione vicina ed al contempo distante