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Comune di Porto Torres |
Il ponte romano di Turris
Distesa lungo la piatta costa del Golfo dell'Asinara e sulle lente ondulazioni dell'immediato entroterra, Porto Torres è una città giovane: nel 1824 era un borgo (ma diviso in due nuclei ben distinti, uno dei quali raccolto intorno alla Basilica di San Gavino, l'altro attestato intorno al porto) che in tutto contava non più di 776 abitanti.
Da allora si è sempre trovata a dover affrontare i problemi di una crescita incessante la cui ultima fase, legata all'insediamento al margine orientale dell'abitato dei grandi stabilimenti petrolchimici, ne ha visto la popolazione raddoppiarsi nell'arco di due decenni. Questa rapida espansione sembra non aver concesso alla città il tempo di prestare gran cura al suo aspetto: fino ad anni recenti le case vi si sono moltiplicate basse e di taglio sbrigativo, allineate lungo strade bene ordinate.
Del resto, Porto Torres non ha bisogno di nuovo decoro esteriore poiché già possiede le testimonianze di un passato illustre.
I romani vi si insediarono fin dal II secolo a.C., e in età imperiale la città, Turris Libisonis, si sviluppò fino ad essere seconda soltanto a Cagliari per la consistenza della sua popolazione e per il volume dei suoi traffici; fu, anzi, la sola città sarda ad ottenere lo status di colonia di Roma, con propri magistrati elettivi, ciò che comportava l'estensione ai suoi abitanti della cittadinanza romana e dei diritti che le erano connessi.
In seguito, dopo il periodo oscuro delle invasioni barbariche, fu capitale giudicale e sede vescovile fino al 1438, quando centro della diocesi divenne Sassari.
Ma già allora la città si andava spopolando per la minaccia delle incursioni dei pirati: l'età della decadenza non sarebbe stata breve. Dei secoli felici Porto Torres conserva testimonianze di grande rilievo, prima fra tutte quella costituita dalla Basilica intitolata ai tre martiri turritani Gavino, Proto e Gianuario, il più importante monumento romanico della Sardegna.
La chiesa fu eretta nel 1050 da maestranze pisane sotto la guida del "Maestro di San Gavino"; all'inizio del Duecento subì interventi di non poco rilievo:
ne fu aumentata la lunghezza e la facciata originaria fu sostituita da una seconda abside.
Nel Quattrocento, infine, in uno dei due lati fu aperto un portale gigliato gotico-
All'interno una scalinata conduce all'anticripta, dove sono conservati vari sarcofagi romani, e poi alla cripta, dove in altri tre sarcofagi sono custodite le reliquie dei santi Gavino, Proto e Gianuario.
Entrambe sono di struttura elementare ed hanno i muri candidi intonacati a calce.
La prima fu eretta, appena fuori della città, nel luogo in cui, si dice, siano stati ritrovati i corpi dei martiri, mentre nella seconda (chiamata anche "Santu Bainzu Iscabiddatu") avrebbero subito il martirio.
La chiesetta di San Gavino comunica sul lato sinistro con ambienti sotterranei, scavati probabilmente in epoca paleocristiana, in uno dei quali, nei giorni della festa patronale, che ha inizio il 3 maggio, vengono collocati i simulacri in legno dei tre martiri che restano esposti all'adorazione dei fedeli fino al giorno di Pentecoste, quando vengono riportati in processione alla Basilica.
D'importanza non minore i resti della città romana Turrìs Lìbisonis.
In particolare, alla periferia della città, vi è, sorprendentemente integro ad onta dei due millenni trascorsi, il Ponte Romano costruito probabilmente in età augustea.
Lungo 135 metri, è formato da sette arcate che poggiano su pile erette con blocchi di calcare.
In età romana sopportava gran parte del traffico commerciale della città, e da allora il suo uso è stato ininterrotto.
Soltanto in anni recenti il ponte è stato chiuso ai veicoli a motore. Nei pressi della stazione ferroviaria si conservano i ruderi di alcuni edifici termali, fra i quali quello detto "Palazzo di Re Barbaro", completamente delimitato da strade lastricate.
Vi si distinguono i resti di ampi saloni: una sala con vasche per il bagno freddo (frgidarium), decorata con mosaici policromi, e i contigui ambienti a temperatura moderata (tepidarium) e più alta (calidarium).
Di notevole interesse i resti di un porticato parzialmente restaurato e di una galleria con volta.
Nell'area del "Palazzo di Re Barbaro" è stato allestito l'Antiquarium Turritano, importante museo nel quale sono ordinate centinaia di reperti, in molti casi preziosi, di età nuragica, greca, punica, romana e bizantina, che documentano le diverse fasi della lunghissima storia di questo territorio.
Nelle vicinanze di Porto Torres, lungo la strada 131 per Sassari, è stata trovata un'antichissima necropoli che comprende una ventina di domus de janas, non tutte in buono stato di conservazione.
Di origine molto più recente la Necropoli di Balai che si trova lungo la costa, alla periferia orientale della città.
Le tombe risalgono a un'età compresa fra il I e l’VIII secolo d.C.
Il territorio di Porto Torres è costituito per metà (5200 ettari su un totale di 10.200) dall'Isola dell'Asinara, da pochi anni costituita in Parco Nazionale.
Dopo il 1885, quando ne furono allontanati i 500 abitanti, una parte dei quali fondarono il paese di Stintino, l'isola ospitò un lazzaretto, una colonia penale e infine un carcere di massima sicurezza.
L'ultimo istituto penitenziario è stato chiuso negli anni scorsi. L'Asinara è un luogo di grande bellezza.
I suoi 100 chilometri di costa comprendono alte scogliere, spiagge straordinariamente belle, piccole insenature al riparo dai venti. All'interno vi sono alti colli (quello detto Punta della Scomunica raggiunge i 408 metri), vaste estensioni di macchia mediterranea, un bosco di bellissimi lecci.
Oltre al bestiame domestico che appartenne alla colonia penale, vi vivono branchi di mufloni, di cavalli selvaggi, di candidi asini albini; i cinghiali vi si vanno moltiplicando con preoccupante rapidità: si stima che ve ne siano alcune migliaia.
Su un'altura che domina la costa meridionale e il braccio di mare che divide l'Asinara dall'Isola Piana, si scorgono le rovine del cinquecentesco Forte di Castellaccio, che si vuole sia stato per qualche tempo il rifugio del pirata tunisino Barbarossa; numerose lungo la costa le torri di avvistamento costruite durante la dominazione spagnola.
Sull'isola, oltre alle strutture carcerarie in abbandono, restano le tracce dei minuscoli borghi degli originali abitanti.
Presso la costa orientale sorge l'Ossario nel quale sono raccolti i resti dei settemila prigionieri di guerra austro-