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Porto Torres

Sassarese

Comune di Porto Torres
(provincia di Sassari)
Altitudine: m 5 Superficie: kmq 102,62 Abitanti: 21.888  

Il ponte romano di Turris

Distesa lungo la piatta costa del Golfo dell'Asinara e sulle lente ondu­lazioni dell'immediato entroterra, Porto Torres è una città giovane: nel 1824 era un borgo (ma diviso in due nuclei ben distinti, uno dei quali raccolto intorno alla Basilica di San Gavino, l'altro attestato intorno al porto) che in tutto contava non più di 776 abitanti.
Da allora si è sempre trovata a dover affrontare i problemi di una crescita incessante la cui ulti­ma fase, legata all'insediamento al margine orientale dell'abitato dei grandi stabilimenti petrolchimici, ne ha visto la popolazione raddoppiarsi nell'arco di due decenni. Questa ra­pida espansione sembra non aver concesso alla città il tempo di pre­stare gran cura al suo aspetto: fino ad anni recenti le case vi si sono moltiplicate basse e di taglio sbriga­tivo, allineate lungo strade bene or­dinate.
Del resto, Porto Torres non ha bisogno di nuovo decoro esterio­re poiché già possiede le testimo­nianze di un passato illustre.
I roma­ni vi si insediarono fin dal II secolo a.C., e in età imperiale la città, Turris Libisonis, si sviluppò fino ad essere seconda soltanto a Cagliari per la consistenza della sua popolazione e per il volume dei suoi traffici; fu, an­zi, la sola città sarda ad ottenere lo status di colonia di Roma, con propri magistrati elettivi, ciò che compor­tava l'estensione ai suoi abitanti della cittadinanza romana e dei di­ritti che le erano connessi.
In segui­to, dopo il periodo oscuro delle inva­sioni barbariche, fu capitale giudica­le e sede vescovile fino al 1438, quando centro della diocesi divenne Sassari.
Ma già allora la città si an­dava spopolando per la minaccia delle incursioni dei pirati: l'età della decadenza non sarebbe stata breve. Dei secoli felici Porto Torres conserva testimonianze di grande rilievo, prima fra tutte quella costituita dal­la Basilica intitolata ai tre martiri turritani Gavino, Proto e Gianuario, il più importante monumento roma­nico della Sardegna.
La chiesa fu eretta nel 1050 da maestranze pi­sane sotto la guida del "Maestro di San Gavino"; all'inizio del Duecento subì interventi di non poco rilievo:
ne fu aumentata la lunghezza e la facciata originaria fu sostituita da una seconda abside.
Nel Quattrocen­to, infine, in uno dei due lati fu aperto un portale gigliato gotico-ca­talano e in quello opposto un fasto­so portale gemino nello stesso stile.
All'interno una scalinata conduce al­l'anticripta, dove sono conservati vari sarcofagi romani, e poi alla crip­ta, dove in altri tre sarcofagi sono custodite le reliquie dei santi Gavino, Proto e Gianuario.
Ai tre santi sono dedicate anche le due chiesette campestri, quella di San Gavino a Mare e quella di Santa Maria di Balai, costruite nel 1850 sulle alte rocce calcaree che si affacciano sul mare ad est della città.
Entrambe so­no di struttura elementare ed hanno i muri candidi intonacati a calce.
La prima fu eretta, appena fuori della città, nel luogo in cui, si dice, siano stati ritrovati i corpi dei martiri, mentre nella seconda (chiamata an­che "Santu Bainzu Iscabiddatu") avrebbero subito il martirio.
La chiesetta di San Gavino comunica sul la­to sinistro con ambienti sotterranei, scavati probabilmente in epoca pa­leocristiana, in uno dei quali, nei giorni della festa patronale, che ha inizio il 3 maggio, vengono collocati i simulacri in legno dei tre martiri che restano esposti all'adorazione dei fedeli fino al giorno di Pentecoste, quando vengono riportati in processione alla Basilica.
D'importanza non minore i resti del­la città romana Turrìs Lìbisonis.
In particolare, alla periferia della città, vi è, sorprendentemente integro ad onta dei due millenni trascorsi, il Ponte Romano costruito probabil­mente in età augustea.
Lungo 135 metri, è formato da sette arcate che poggiano su pile erette con blocchi di calcare.
In età romana sopportava gran parte del traffico commerciale della città, e da allora il suo uso è stato ininterrotto.
Soltanto in anni recenti il ponte è stato chiuso ai vei­coli a motore. Nei pressi della stazio­ne ferroviaria si conservano i ruderi di alcuni edifici termali, fra i quali quello detto "Palazzo di Re Barba­ro", completamente delimitato da strade lastricate.
Vi si distinguono i resti di ampi saloni: una sala con va­sche per il bagno freddo (frgidarium), decorata con mosaici policro­mi, e i contigui ambienti a tempera­tura moderata (tepidarium) e più al­ta (calidarium).
Di notevole interes­se i resti di un porticato parzialmente restaurato e di una galleria con volta.
Nell'area del "Palazzo di Re Barbaro" è stato allestito l'Antiquarium Turritano, importante museo nel quale sono ordinate centinaia di reperti, in molti casi preziosi, di età nuragica, greca, punica, romana e bizantina, che documentano le di­verse fasi della lunghissima storia di questo territo­rio.
Nelle vicinan­ze di Porto Torres, lungo la strada 131 per Sassari, è stata   trovata un'antichissima necropoli   che comprende una ventina di domus de janas, non tutte in buono stato di conservazione.
Di origine molto più recente la Necropoli di Balai che si trova lungo la costa, alla periferia orientale della città.
Le tombe risalgono a un'età compresa fra il I e l’VIII secolo d.C.
Il territorio di Porto Torres è costituito per metà (5200 ettari su un totale di 10.200) dall'Isola dell'Asinara, da pochi anni costituita in Parco Nazionale.
Dopo il 1885, quan­do ne furono allontanati i 500 abi­tanti, una parte dei quali fondarono il paese di Stintino, l'isola ospitò un lazzaretto, una colonia penale e infine un carcere di massima sicurezza.
L'ultimo istituto peniten­ziario è stato chiuso negli anni scorsi. L'Asinara è un luogo di gran­de bellezza.
I suoi 100 chilome­tri di costa com­prendono alte scogliere, spiagge straordinariamente belle, piccole in­senature al riparo dai venti. All'in­terno vi sono alti colli (quello detto Punta della Scomunica raggiunge i 408 metri), vaste estensioni di mac­chia mediterranea, un bosco di bel­lissimi lecci.
Oltre al bestiame dome­stico che appartenne alla colonia penale, vi vivono branchi di mufloni, di cavalli selvaggi, di candidi asini albini; i cinghiali vi si vanno molti­plicando con preoccupante rapidità: si stima che ve ne siano alcune migliaia.
Su un'altura che domina la costa meridionale e il braccio di ma­re che divide l'Asinara dall'Isola Pia­na, si scorgono le rovine del cinque­centesco Forte di Castellaccio, che si vuole sia stato per qualche tempo il rifugio del pirata tunisino Barbarossa; numerose lungo la costa le torri di avvistamento costruite durante la dominazione spagnola.
Sull'isola, oltre alle strutture car­cerarie in abbandono, restano le tracce dei minuscoli bor­ghi degli originali abitanti.
Presso la costa orientale sor­ge l'Ossario nel quale sono raccolti i resti dei settemila pri­gionieri di guerra austro-ungarici morti a causa di epidemie di colera e febbre spagnola nell'i­sola che durante la prima guerra mondiale fu trasformata in un gran­de campo di concentramento.



 
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