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Comune di Sassari |
Veduta panoramica della città
Sassari nacque su un lento declivio dal quale poteva guardare, a nord e a ovest, verso il mare e verso la vasta pianura ondulata che le si distendeva ai piedi; alle sue spalle si levava, a proteggerla, una cortina di colline calcaree segnate da solchi improvvisi e fittamente coperte di oliveti.
Avvenne, poi, che una crescita impetuosa la spingesse a dilatarsi in ogni direziono, oltre i suoi confini originari, fino ad invadere con le sue strade e le sue case gli orti opulenti, a valle, e le distese di olivi sulle alture tutt'intorno, così che oggi sarebbe difficile attribuirle una forma definita e un preciso orientamento.
Conserva però i privilegi connessi alla sua posizione (il buon clima, i grandi spazi aperti alla vista, la terra fertile, la vicinanza al mare) che fin dalle età più antiche resero il suo vastissimo territorio (54.000 ettari, dopo che nel 1988 poco meno di 6000 ettari furono ceduti al nascente comune di Stintino) luogo di vita quanto possibile intensa. In quest'area vi sono monumenti (l'Altare di Monte d'Accoddi, ma anche numerose domus de janas) che testimoniano della presenza dell'uomo fin dall'età neolitica recente, così come restano testimonianze d'età nuragica e romana e delle epoche immediatamente successive. Sassari nacque più tardi, fra l'XI e il XII secolo, per il graduale riunirsi in un'unica comunità degli abitanti di numerosi piccoli borghi.
Crebbe rapidamente, tanto che nel 1272 divenne capoluogo del Giudicato di Torres e nel 1294 libero Comune con statuti propri, sebbene soggetto a un sostanziale protettorato da parte dei pisani prima e poi dei genovesi.
Nel 1323 si ribellò ai liguri e si sottomise alla corona d'Aragona. Dagli spagnoli, al cui dominio restò soggetta fino all'inizio del Settecento, ottenne consistenti benefici che le consentirono di consolidare la sua economia ad onta delle vicende avverse (tre epidemie di peste, carestie, una rovinosa invasione di cavallette) che la colpirono nel corso del Cinquecento e del Seicento.
Neppure il Settecento, dopo l'avvento del potere sabaudo, fu un secolo scevro d'inquietudini, poiché conobbe carestie, sollevazioni popolari e, infine, i moti antifeudali e la sfortunata impresa di Giovanni Maria Angioi.
La fase decisiva della crescita di Sassari ebbe inizio nella seconda metà dell'Ottocento, sotto il premere di una borghesia (borghesia agraria, ma poi anche delle professioni, dei commerci, delle modeste industrie nascenti) alla quale sembrava troppo angusto lo spazio concesso dalla città murata.
Già erano sorte nuove costruzioni fuori dei confini del nucleo storico, e già nel 1830 l'architetto Giuseppe Cominotti aveva disegnato una nuova pianta della città che ne prevedeva l'ampliamento nel rispetto delle testimonianze del passato; tuttavia, con ben poca saggezza, furono abbattute quasi per intero le mura duecentesche (2000 metri di sviluppo complessivo) che chiudevano l'originario nucleo urbano in un pentagono, le 36 torri che si levavano sulla cerchia delle fortificazioni e le 5 porte che vi si aprivano (furono risparmiati alcuni tratti delle mura e due torri, ancora oggi visibili); poco più tardi, fra il 1877 e il 1878, fu demolito il Castello aragonese costruito nel 1327.
Già mentre veniva compiuto quell'inutile sacrificio la città si andava espandendo in tutte le direzioni.
Nel 1872 fu inaugurata la piazza d'Italia, lungo un intero lato della quale l'anno successivo sorse il Palazzo della Provincia (il progetto era dell'ingegnere Eugenio Sironi, padre del pittore Mario, nato infatti a Sassari); notevoli, nel bell'edificio d'ispirazione neoclassica, gli affreschi del pittore catanese Giuseppe Sciuti che decorano l'aula consiliare.
Nei decenni successivi per gradi sorsero nuovi quartieri (furono chiamati le "Appendici"), nei quali non erano poche le belle ville in stile Liberty, oggi non tutte in buono stato, e furono aperte nuove strade (il viale Italia, la via Porcellana, il viale Dante).
La città andò cosi acquistando l'aspetto che ancora oggi conserva, con una vasta area centrale che ha mantenuto qualche coerenza architettonica, vaste periferie informi, come sono le periferie d'ogni città, e, disposti a raggiera, i nuovi quartieri satelliti.
Sostanzialmente immutato (benché oggi in grave stato di degrado) è rimasto il nucleo storico della città, che per secoli fu chiuso nella cerchia delle mura.
Vi si aprono, a brevissima distanza, tre belle piazze: la piazza Castello, ai margini della quale sorgeva il Castello aragonese (la sua area è ora occupata dalla Caserma La Marmera, priva di particolari pregi architettonici); la piazza Azuni, il cui spazio fu ottenuto demolendo l'antica Chiesa di Santa Caterina; infine l'armoniosa piazza Tola, che prende il nome dai due fratelli Pasquale, giurista e storico, ed Efisio Tola, giovane ufficiale dell'esercito piemontese fucilato come mazziniano a Chambéry nel 1833: sulla piazza, oltre alla casa familiare dei Tola, si affaccia il Palazzetto d'Usini, bell'edificio d'impronta rinascimentale fatto costruire nel 1577 dal barone d'Usini ed oggi sede della Biblioteca Comunale che custodisce un patrimonio bibliografico di grande valore.
Dalla piazza Azuni ha origine il ripido corso Vittorio Emanuele, fitto di negozi, che attraversa tutto il centro storico fino a sfociare nella piazza Sant'Antonio.
Sul corso si affacciano, oltre all'edificio del Teatro Civico (costruito nel 1826 su progetto del Cominotti nel luogo sul quale sorgeva il medioevale Palazzo di Città), due bei palazzi quattrocenteschi, esempi notevoli dell'architettura sardo-
Ai due lati del corso si distende un fitto reticolo di antiche stradine nel folto delle quali si aprono piazzette minuscole.
Sulla sinistra (per chi discenda dalla piazza Azuni) una viuzza tortuosa sbocca in una piazza d'ampiezza modesta sulla quale si affaccia, non privo di solennità, il Palazzo Ducale, oggi sede principale del Comune, fatto costruire fra il 1755 e il 1805 dal duca dell'Asinara.
La facciata in pietra calcarea ha una lunga successione di finestre, sormontate, al primo piano, da timpani a cuspide o ad arco.
All'interno una scalinata a tenaglia conduce al piano nobile nel quale si aprono alcune belle sale, fra le quali il salone delle feste, oggi aula del Consiglio comunale, e la Cappella del Duca.
Altro edificio di notevole rilievo è il Palazzo dell'Università, costruito nella seconda metà del Cinquecento, grazie a un lascito di un nobiluomo, Alessio Fontana, come Studio Generale dei Gesuiti al quale più tardi, nel 1602, fu riconosciuto il titolo di Università. Nell'edificio restano soltanto la Facoltà di Giurisprudenza e la Biblioteca Universitaria.
Sassari, città non ricca di monumenti, ne possiede però uno, la Fontana di Rosello, particolarmente significativo e divenuto il simbolo della città.
Fu costruito, fra il 1605 e il 1606, al centro della vallata della quale ha preso il nome, da maestranze genovesi.
La fontana, che ha la base rivestita di marmo bianco e verde, è adornata da otto mascheroni e quattro delfini, dai quali sgorga l'acqua; agli angoli, quattro statue raffiguranti le stagioni; al di sopra, una figura barbuta.
Sulla fontana si levano due archi incrociati sui quali si leva la Statua equestre di San Gavino, protettore della città.
Numerose le chiese, alcune delle quali di grande pregio architettonico, edificate a Sassari nei secoli passati, prima fra tutte la Cattedrale intitolata a San Nicola, che costituisce l'ampliamento, cui fu dato inizio nella prima metà del Quattrocento, di una preesistente chiesa romanica.
Il grande edificio è il risultato della sovrapposizione di diversi stili, dal romanico al gotico aragonese, al barocco.
Al barocco coloniale spagnolo si richiama la sontuosa facciata, nella quale si affollano, scolpite nel bianco calcare, innumerevoli statue alle quali si aggiungono ridondanti motivi decorativi.
Il campanile ha conservato la duecentesca struttura romanica nella parte inferiore, mentre risale al Settecento quella superiore.
L'interno, restaurato in anni recenti, ha un'unica navata dalle li
nee essenziali che rivelano un'impronta gotica.
Di notevole interesse il coro ligneo e il dipinto dietro l'altare, una Madonna del Bosco, attribuito alla scuola del genovese Nicolo da Veltri, che operò tra la fine del Trecento e l'inizio del Quattrocento.
Altri dipinti di pregio sono custoditi nel Museo del Tesoro.
Sulla piazza del Duomo si affacciano altre due chiese, quella settecentesca di San Michele e, di là dal portale di un cortile, quella di San Giacomo, che appartenne alla Confraternita dell'Orazione e Morte cui era affidata l'assistenza spirituale ai condannati a morte.
Di grande rilievo è la Chiesa di Santa Maria di Betlem, costruita fuori della cinta muraria dai Francescani nel XIII secolo, forse su una preesistente chiesa benedettina, che della originaria struttura romanica conserva soltanto la facciata.
Nella chiesa sono raccolte opere di qualche importanza, fra le quali una statua lignea del Quattrocento raffigurante la Madonna della Rosa, alcuni dipinti seicenteschi del modenese Giacomo Cavedoni, un pulpito e un Retablo di Sant'Antonio del napoletano Giovanni Antonio Contena.
Romanica era anche la struttura originaria della Chiesa e del Convento di San Pietro in Silki, costruiti dai monaci benedettini nella prima metà del Duecento e sottoposti nel XVII secolo a un parziale rifacimento.
Ha invece conservato integre le sue belle linee romaniche la chiesa campestre di San Michele di Platano che, costruita nell'XI secolo, sorge a qualche chilometro da Sassari, non lontano dalla spiaggia di Platamona.
La chiesa e il convento cui era annessa, che appartennero prima ai Camaldolesi e poi ai Vallombrosani, furono nel XII secolo un importante centro di ricchezza e di potere politico e religioso.
Non poche le chiese erette fra la fine del Cinquecento e il Settecento, fra le quali la più bella è probabilmente quella di Santa Caterina, costruita dai Gesuiti a partire dal 1579, nella quale si conservano alcune opere pittoriche del gesuita fiammingo Johan Bilevelt.
Di rilevante valore architettonico anche le chiese di Sant'Antonio Abate, del Rosario, della Santissima Trinità e quella della Sacra Famiglia annessa al Convento delle Monache Cappuccine.
Il vastissimo territorio di Sassari, che si affaccia sul mare per un lungo tratto, dalla spiaggia di Porto Ferro alle alte scogliere di Lampianu, abbraccia luoghi di grande bellezza e d'interesse non ordinario: vi è il Lago di Baratz, unico lago naturale della Sardegna, circondato da una vasta pineta, vi sono stagni pescosi popolati da un gran numero di uccelli acquatici, bellissime spiagge, la più nota delle quali, a breve distanza dalla città, è quella di Platamona, animatissimo centro balneare.
Merita particolare attenzione il villaggio minerario dell'Argentiera, che, cessata ormai da lungo tempo l'attività estrattiva, è stato in parte trasformato in insediamento turistico; conserva però, benché manomesse, le antiche strutture minerarie altamente suggestive e di rilevante valore storico e archeologico-
Non poche, e di grande interesse, le testimonianze di insediamenti umani di età antichissime: vi sono tombe ipogeiche d'età prenuragica (domus de janas) e nuragica in diversi luoghi del territorio.
Ma vi è soprattutto, a una decina di chilometri dalla città lungo la strada per Porto Torres, il grande Complesso di Monte d'Accoddi, che ha aspetti ancora oscuri.
Il monumento, che per la sua struttura richiama le ziqqurat mesopotamiche, fu scoperto negli anni intorno al 1965: è un grande altare costituito da una collinetta artificiale alta otto metri e circondata da una muratura di contenimento di forma quadrangolare.
Conduce alla sommità una rampa lunga 75 metri.
Intorno al grande altare vi sono i resti di un villaggio costituito da capanne rettangolari.
Ai piedi dell'altare un menhir alto oltre 4 metri e due grandi lastre di pietra, una delle quali del peso di oltre 6 tonnellate, che furono forse tavole sacrificali.
Il complesso, che risale alla fine del Neolitico recente (2700 a.C.), fu ampliato nei secoli successivi e utilizzato fino all'Età del Bronzo (800 a. C.).
Al complesso preistorico di Monte d'Accoddi è interamente dedicata una sala del Museo archeologico nazionale "G. A. Sanna" che ha sede in un edificio di gusto neoclassico circondato da un giardino, non lontano dal centro della città.
Il museo, ordinato secondo rigorosi criteri scientifici e didattici, comprende una sezione archeologica, una etnografica, attualmente chiusa, ed una pinacoteca nella quale sono raccolte, fra numerose altre, opere di notevole pregio donate dal finanziere e uomo politico sassarese dell'Ottocento al quale la struttura è intitolata.
Molto ricca, nella sezione archeologica, la collezione di bronzetti provenienti da siti sparsi nelle province di Sassari e di Nuoro; di rilievo non minore la raccolta di reperti trovati nelle domus de janas. Di particolare interesse le sale dedicate all'archeologia romana, nelle quali per lungo tempo fu raccolto tutto il materiale epigrafico e artistico proveniente da Porto Torres.
Ad Eugenio Tavolara, artista sassarese che promosse il rinnovamento, pur nel rispetto della tradizione, delle produzione artigianali sarde, è intitolato il Padiglione dell'Artigianato, posto al centro dei Giardini pubblici:
La struttura, gestita dall'I.S.0.L.A. (Istituto Sardo per l'Organizzazione del Lavoro Artigiano.), accoglie una mostra-
Sassari unisce all'amore per il suo ricco patrimonio di tradizioni una vivacità intellettuale che anima iniziative culturali o di rilevanza sociale.
Fra le tradizioni la più radicata è sicuramente quella della Discesa dei Candelieri, che ogni anno, il 14 agosto, vengono portati in una singolare processione attraverso tutto il centro cittadino fino alla Chiesa di Santa Maria in Betlem, dove verranno custoditi per i successivi dodici mesi.
Il rito, che si ripete fin dal XVI secolo, è inteso a sciogliere un voto nei confronti della Madonna che salvò la città da una terribile epidemia di peste.
I Candelieri, di legno e fastosamente decorati, sono nove, e ciascuno d'essi rappresenta uno dei nove "gremì" (Piccapietre, Viandanti, Contadini, Falegnami, Ortolani, Calzolai, Sarti, Muratori, Massai), antiche corporazioni di mestiere di tradizione spagnola.
La "discesa" lungo il ripido corso Vittorio Emanuele gremito di folla è altamente suggestiva e all'aspetto rituale unisce il carattere di una prova di forza e di abilità, poiché i Candelieri, ciascuno dei quali pesa dai 200 ai 300 chili, vengono portati a passo di danza, fra ondeggiamenti e temerarie giravolte.
Gli appartenenti ai "gremi" partecipano alla processione nei loro costumi di antica foggia spagnola.
Tradizione è ormai diventata anche la Cavalcata Sarda, fastosa parata di un lunghissimo corteo di cavalieri e giovani donne nei costumi tradizionali di tutti i paesi della Sardegna, che, a partire dal 1958, si svolge ogni anno la penultima domenica di maggio.
La Cavalcata è seguita, nel pomeriggio e a sera, da corse di cavalli, da prove di abilità equestre e da spettacoli nel corso dei quali numerosi gruppi folcloristici eseguono canti e danze tradizionali.
Intensa l'attività culturale, che ha come cardini fissi la stagione lirica promossa dall'Ente
Concerti intitolato alla pianista Marialisa De Carolis e la stagione teatrale curata dal Centro Diffusione Attività Culturali. Numerose e frequenti le altre iniziative di varia natura (concerti, conferenze, dibattiti) cui danno vita enti ed associazioni.