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Sassari

Sassarese

Comune di Sassari
(provincia di Sassari)
Altitudine: m 225 Superficie: 546,08 Abitanti: 120.649  

Veduta panoramica della città


Sassari nacque su un lento declivio dal quale poteva guardare, a nord e a ovest, verso il mare e verso la vasta pianura ondulata che le si distende­va ai piedi; alle sue spalle si levava, a proteggerla, una cortina di colline calcaree segnate da solchi improvvi­si e fittamente coperte di oliveti.
Avvenne, poi, che una crescita impe­tuosa la spingesse a dilatarsi in ogni direziono, oltre i suoi confini originari, fino ad invadere con le sue strade e le sue case gli orti opulenti, a valle, e le distese di olivi sulle al­ture tutt'intorno, così che oggi sa­rebbe difficile attribuirle una forma definita e un preciso orientamento.
Conserva però i privilegi connessi al­la sua posizione (il buon clima, i grandi spazi aperti alla vista, la terra fertile, la vicinanza al mare) che fin dalle età più antiche resero il suo vastissimo territo­rio (54.000 ettari, do­po che nel 1988 poco meno di 6000 ettari fu­rono ceduti al nascente comune di Stintino) luogo di vita quanto possibile inten­sa. In quest'area vi sono monumenti (l'Altare di Monte d'Accoddi, ma an­che numerose domus de janas) che testimoniano della presenza dell'uo­mo fin dall'età neolitica recente, co­sì come restano testimonianze d'età nuragica e romana e delle epoche immediatamente successive. Sassari nacque più tardi, fra l'XI e il XII secolo, per il graduale riunirsi in un'unica comunità degli abitanti di numerosi piccoli borghi.
Crebbe rapi­damente, tanto che nel 1272 diven­ne capoluogo del Giudicato di Torres e nel 1294 libero Comune con statu­ti propri, sebbene soggetto a un so­stanziale protettorato da parte dei pisani prima e poi dei genovesi.
Nel 1323 si ribellò ai liguri e si sottomi­se alla corona d'Aragona. Dagli spa­gnoli, al cui dominio restò soggetta fino all'inizio del Settecento, otten­ne consistenti benefici che le con­sentirono di consolidare la sua eco­nomia ad onta delle vicende avverse (tre epidemie di peste, carestie, una rovinosa invasione di cavallette) che la colpirono nel corso del Cinquecen­to e del Seicento.
Neppure il Sette­cento, dopo l'avvento del potere sabaudo, fu un secolo scevro d'inquie­tudini, poiché conobbe carestie, sollevazioni popolari e, infine, i mo­ti antifeudali e la sfortu­nata impresa di Giovanni Maria Angioi.
La fase decisiva della crescita di Sassari ebbe inizio nella seconda metà dell'Ottocento, sotto il premere di una borghesia (borghesia agraria, ma poi anche delle professioni, dei commerci, delle modeste industrie nascenti) alla quale sembrava troppo angusto lo spazio concesso dalla città murata.
Già erano sorte nuove costruzioni fuori dei confini del nu­cleo storico, e già nel 1830 l'archi­tetto Giuseppe Cominotti aveva disegnato una nuova pianta della città che ne prevedeva l'ampliamento nel rispetto delle testimonianze del pas­sato; tuttavia, con ben poca saggez­za, furono abbattute quasi per intero le mura duecentesche (2000 metri di sviluppo complessivo) che chiudeva­no l'originario nucleo urbano in un pentagono, le 36 torri che si levavano sulla cerchia delle fortificazioni e le 5 porte che vi si aprivano (furono risparmiati alcuni tratti delle mura e due torri, ancora oggi visibili); poco più tardi, fra il 1877 e il 1878, fu de­molito il Castello aragonese costruito nel 1327.
Già mentre veniva com­piuto quell'inutile sacrificio la città si andava espandendo in tutte le di­rezioni.
Nel 1872 fu inaugurata la piazza d'Italia, lungo un intero lato della quale l'anno successivo sorse il Palazzo della Provincia (il progetto era dell'ingegnere Eugenio Sironi, padre del pittore Mario, nato infatti a Sassari); notevoli, nel bell'edificio d'ispirazione neoclassica, gli affre­schi del pittore catanese Giuseppe Sciuti che decorano l'aula consiliare.
Nei decenni successivi per gradi sor­sero nuovi quartieri (furono chiamati le "Appendici"), nei quali non erano poche le belle ville in stile Liberty, oggi non tutte in buono stato, e fu­rono aperte nuove strade (il viale Italia, la via Porcellana, il viale Dan­te).
La città andò cosi acquistando l'aspetto che ancora oggi conserva, con una vasta area centrale che ha mantenuto qualche coerenza archi­tettonica, vaste periferie informi, come sono le periferie d'ogni città, e, disposti a raggiera, i nuovi quartieri satelliti.
Sostanzialmente immutato (benché oggi in grave stato di degrado) è ri­masto il nucleo storico della città, che per secoli fu chiuso nella cer­chia delle mura.
Vi si aprono, a brevissima distanza, tre belle piazze: la piazza Castello, ai margini della quale sorgeva il Castello aragonese (la sua area è ora occupata dalla Caserma La Marmera, priva di particolari pregi architettonici); la piazza Azuni, il cui spazio fu ottenuto demolendo l'antica Chiesa di Santa Caterina; in­fine l'armoniosa piazza Tola, che prende il nome dai due fratelli Pa­squale, giurista e storico, ed Efisio Tola, giovane ufficiale dell'esercito piemontese fucilato come mazzinia­no a Chambéry nel 1833: sulla piaz­za, oltre alla casa familiare dei Tola, si affaccia il Palazzetto d'Usini, bell'edificio d'impronta rinascimentale fatto costruire nel 1577 dal barone d'Usini ed oggi sede della Biblioteca Comunale che custodisce un patri­monio bibliografico di grande valore.
Dalla piazza Azuni ha origine il ripi­do corso Vittorio Emanuele, fitto di negozi, che attraversa tutto il centro storico fino a sfociare nella piazza Sant'Antonio.
Sul corso si affaccia­no, oltre all'edificio del Teatro Civico (costruito nel 1826 su progetto del Cominotti nel luogo sul quale sorgeva il medioevale Palazzo di Città), due bei palazzi quattrocen­teschi, esempi no­tevoli dell'architet­tura sardo-catala­na, la Casa Farris e la Casa Guarino, detta anche "Palazzo di re Enzo".
Ai due lati del corso si distende un fitto reticolo di antiche stradine nel folto delle quali si apro­no piazzette minuscole.
Sulla sini­stra (per chi discenda dalla piazza Azuni) una viuzza tortuosa sbocca in una piazza d'ampiezza modesta sulla quale si affaccia, non privo di solen­nità, il Palazzo Ducale, oggi sede principale del Comune, fatto costrui­re fra il 1755 e il 1805 dal duca dell'Asinara.
La facciata in pietra calca­rea ha una lunga successione di fine­stre, sormontate, al primo piano, da timpani a cuspide o ad arco.
All'in­terno una scalinata a tenaglia con­duce al piano nobile nel quale si aprono alcune belle sale, fra le quali il salone delle feste, oggi aula del Consiglio comunale, e la Cappella del Duca.
Altro edificio di notevole rilie­vo è il Palazzo dell'Università, co­struito nella seconda metà del Cin­quecento, grazie a un lascito di un nobiluomo, Alessio Fontana, come Studio Generale dei Gesuiti al quale più tardi, nel 1602, fu riconosciuto il titolo di Università. Nell'edificio re­stano soltanto la Facoltà di Giuri­sprudenza e la Biblioteca Universita­ria.
Sassari, città non ricca di monumen­ti, ne possiede però uno, la Fontana di Rosello, particolarmente signifi­cativo e divenuto il simbolo della città.
Fu costruito, fra il 1605 e il 1606, al centro della vallata della quale ha preso il nome, da maestran­ze genovesi.
La fontana, che ha la base rivestita di marmo bianco e verde, è adornata da otto maschero­ni e quattro delfini, dai quali sgorga l'acqua; agli angoli, quattro statue raffiguranti le stagioni; al di sopra, una figura barbuta.
Sulla fontana si levano due archi incrociati sui quali si leva la Statua equestre di San Gavino, protettore della città.
Numerose le chiese, alcune delle quali di grande pregio architettonico, edificate a Sassari nei secoli pas­sati, prima fra tutte la Cattedrale in­titolata a San Nicola, che costituisce l'ampliamento, cui fu dato inizio nella prima metà del Quattrocento, di una preesistente chiesa romanica.
Il grande edificio è il risultato della sovrapposizione di diversi stili, dal romanico al gotico aragonese, al ba­rocco.
Al barocco coloniale spagnolo si richiama la sontuosa facciata, nel­la quale si affollano, scolpite nel bianco calcare, innumerevoli statue alle quali si aggiungono ridondanti motivi decorativi.
Il campanile ha conservato la duecentesca struttura romanica nella parte inferiore, men­tre risale al Settecento quella supe­riore.
L'interno, restaurato in anni recenti, ha un'unica navata dalle li­
nee essenziali che rivelano un'im­pronta gotica.
Di notevole interesse il coro ligneo e il dipinto dietro l'al­tare, una Madonna del Bosco, attri­buito alla scuola del genovese Nicolo da Veltri, che operò tra la fine del Trecento e l'inizio del Quattrocento.
Altri dipinti di pregio sono custoditi nel Museo del Tesoro.
Sulla piazza del Duomo si affacciano altre due chiese, quella settecentesca di San Michele e, di là dal portale di un cor­tile, quella di San Giacomo, che ap­partenne alla Confraternita dell'Ora­zione e Morte cui era affidata l'assi­stenza spirituale ai condannati a morte.
Di grande rilievo è la Chiesa di Santa Maria di Betlem, costruita fuori della cinta muraria dai Francescani nel XIII secolo, forse su una preesisten­te chiesa benedettina, che della ori­ginaria struttura romanica conserva soltanto la facciata.
Nella chiesa so­no raccolte opere di qualche impor­tanza, fra le quali una statua lignea del Quattrocento raffigurante la Ma­donna della Rosa, alcuni dipinti seicenteschi del modenese Giacomo Cavedoni, un pulpito e un Retablo di Sant'Antonio del napoletano Giovan­ni Antonio Contena.
Romanica era anche la struttura originaria della Chiesa e del Convento di San Pietro in Silki, costruiti dai monaci bene­dettini nella prima metà del Duecen­to e sottoposti nel XVII secolo a un parziale rifacimento.
Ha invece conservato integre le sue belle linee romaniche la chiesa campestre di San Michele di Platano che, costruita nell'XI secolo, sorge a qualche chilo­metro da Sassari, non lontano dalla spiaggia di Platamona.
La chie­sa e il convento cui era annessa, che appartennero prima ai Camaldolesi e poi ai Vallombrosani, furono nel XII secolo un importante centro di ric­chezza e di potere politico e religio­so.
Non poche le chiese erette fra la fine del Cinquecento e il Settecento, fra le quali la più bella è probabil­mente quella di Santa Caterina, co­struita dai Gesuiti a partire dal 1579, nella quale si conservano al­cune opere pittoriche del gesuita fiammingo Johan Bilevelt.
Di rile­vante valore architettonico anche le chiese di Sant'Antonio Abate, del Rosario, della Santissima Trinità e quella della Sacra Famiglia annessa al Convento delle Monache Cappuc­cine.
Il vastissimo territorio di Sassari, che si affaccia sul mare per un lungo tratto, dalla spiaggia di Porto Ferro alle alte scogliere di Lampianu, ab­braccia luoghi di grande bellezza e d'interesse non ordinario: vi è il Lago di Baratz, unico lago naturale della Sardegna, circondato da una vasta pineta, vi sono stagni pescosi popolati da un gran numero di uccel­li acquatici, bellissime spiagge, la più nota delle quali, a breve distanza dalla città, è quella di Platamona, animatissimo centro balneare.
Meri­ta particolare attenzione il villaggio minerario dell'Argentiera, che, cessa­ta ormai da lungo tempo l'attività estrattiva, è stato in parte trasfor­mato in insediamento turistico; con­serva però, benché manomesse, le antiche strutture minerarie altamen­te suggestive e di rilevante valore storico e archeologico-industriale.
Non poche, e di grande interesse, le testimonianze di insediamenti uma­ni di età antichissime: vi sono tom­be ipogeiche d'età prenuragica (domus de janas) e nuragica in diversi luoghi del territorio.
Ma vi è soprattutto, a una decina di chilometri dalla città lungo la strada per Porto Torres, il grande Complesso di Monte d'Accoddi, che ha aspetti ancora oscuri.
Il monumento, che per la sua struttura richiama le ziqqurat mesopotamiche, fu scoperto negli anni intorno al 1965: è un grande al­tare costituito da una collinetta arti­ficiale alta otto metri e circondata da una muratura di contenimento di forma quadrangolare.
Conduce alla sommità una rampa lunga 75 metri.
Intorno al grande altare vi sono i re­sti di un villaggio costituito da capanne rettangolari.
Ai piedi dell'al­tare un menhir alto oltre 4 metri e due grandi lastre di pietra, una delle quali del peso di oltre 6 tonnellate, che furono forse tavole sacrificali.
Il complesso, che risale alla fine del Neolitico recente (2700 a.C.), fu ampliato nei secoli successivi e uti­lizzato fino all'Età del Bronzo (800 a. C.).
Al complesso preistorico di Monte d'Accoddi è interamente dedicata una sala del Museo archeologico na­zionale "G. A. Sanna" che ha sede in un edificio di gusto neoclassico cir­condato da un giardino, non lontano dal centro della città.
Il museo, ordi­nato secondo rigorosi criteri scientifici e didattici, compren­de una sezione ar­cheologica, una etnografica, at­tualmente chiusa, ed una pinacoteca nella quale sono raccolte, fra nu­merose altre, ope­re di notevole pregio donate dal fi­nanziere e uomo politico sassarese dell'Ottocento al quale la struttura è intitolata.
Molto ricca, nella sezione archeologica, la collezione di bronzetti provenienti da siti sparsi nelle province di Sassari e di Nuoro; di ri­lievo non minore la raccolta di reper­ti trovati nelle domus de janas. Di particolare interesse le sale dedicate all'archeologia romana, nelle quali per lungo tempo fu raccolto tutto il materiale epigrafico e artistico pro­veniente da Porto Torres.
Ad Eugenio Tavolara, artista sassa­rese che promosse il rinnovamento, pur nel rispetto della tradizione, delle produzione artigianali sarde, è intitolato il Padiglione dell'Artigianato, posto al centro dei Giardi­ni pubblici:
La struttura, gestita dal­l'I.S.0.L.A. (Istituto Sardo per l'Organizzazione del Lavoro Artigia­no.), accoglie una mostra-mercato permanente delle produzioni artigia­ne di tutta la Sardegna e ad anni al­terni la Biennale dell'Artigianato sar­do.
Sassari unisce all'amore per il suo ricco patrimonio di tradizioni una vi­vacità intellettuale che anima inizia­tive culturali o di rilevanza sociale.
Fra le tradizioni la più radicata è si­curamente quella della Discesa dei Candelieri, che ogni anno, il 14 ago­sto, vengono portati in una singola­re processione attraverso tutto il centro cittadino fino alla Chiesa di Santa Maria in Betlem, dove verran­no custoditi per i successivi dodici mesi.
Il rito, che si ripete fin dal XVI secolo, è inteso a sciogliere un voto nei confronti della Madonna che salvò la città da una terribile epidemia di peste.
I Candelieri, di legno e fastosamente deco­rati, sono nove, e ciascuno d'essi rap­presenta uno dei nove "gremì" (Piccapietre, Viandanti, Con­tadini, Falegna­mi, Ortolani, Calzolai, Sarti, Muratori, Mas­sai), antiche corporazioni di mestie­re di tradizione spagnola.
La "disce­sa" lungo il ripido corso Vittorio Emanuele gremito di folla è alta­mente suggestiva e all'aspetto ritua­le unisce il carattere di una prova di forza e di abilità, poiché i Candelieri, ciascuno dei quali pesa dai 200 ai 300 chili, vengono portati a passo di danza, fra ondeggiamenti e temera­rie giravolte.
Gli appartenenti ai "gremi" partecipano alla processione nei loro costumi di antica foggia spagnola.
Tradizione è ormai diven­tata anche la Cavalcata Sarda, fasto­sa parata di un lunghissimo corteo di cavalieri e giovani donne nei costumi tradizionali di tutti i paesi della Sardegna, che, a partire dal 1958, si svolge ogni anno la penulti­ma domenica di maggio.
La Ca­valcata è seguita, nel pomeriggio e a sera, da corse di cavalli, da prove di abilità equestre e da spettacoli nel corso dei quali numerosi gruppi fol­cloristici eseguono canti e danze tradizionali.
Intensa l'attività culturale, che ha come cardini fissi la stagione lirica promossa dall'Ente
Concerti intitola­to alla pianista Marialisa De Carolis e la stagione teatrale curata dal Cen­tro Diffusione Attività Culturali. Nu­merose e frequenti le altre iniziative di varia natura (concerti, conferen­ze, dibattiti) cui danno vita enti ed associazioni.



 
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