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Comune di Santa Teresa di Gallura |
Una delle insenature di Capo Testa
Posta com'è sull'estremo promontorio settentrionale della Sardegna, e distesa sulla sua sommità a guardare dall'alto sul mare e sulle coste e le montagne della Corsica che, non lontane, si levano di là dalle Bocche di Bonifacio, Santa Teresa Gallura ha l'aria di assolvere ancora al compito che le fu affidato dai suoi fondatori, e che consisteva nel presidiare la costa sarda infestata da contrabbandieri e da banditi e nel difenderla da un'eventuale minaccia delle forze napoleoniche: eventualità che a quel tempo, era il 1808, non doveva apparire poi cosi remota.
In realtà la cittadina, scoperta meno di mezzo secolo fa dal turismo la cui espansione ne va dilatando l'abitato e disseminando i dintorni d'insediamenti non tutti esempi di bella architettura e di avveduta urbanistica, oggi, venuta meno ogni minaccia, può allentare la sua vigilanza e dedicarsi alle attività connesse alla sua nuova vocazione, dalle quali le deriva un benessere che le fu ignoto in passato.
Non ha perso, tuttavia, la memoria delle sue origini e dei suoi trascorsi.
Perciò ha mantenuto per quanto possibile immutato il suo nucleo originario, con la rigorosa geometria delle sue strade e i regolari quadrilateri delle sue belle piazze, al centro d'una delle quali sorge, grande e bianca di semplice intonaco, le chiesa parrocchiale di San Vittorio.
La tradizione vuole che a disegnare la pianta di quello che allora era un borgo non grande, sia stato il sovrano sabaudo Vittorio Emanuele I.
Fu così, in effetti. Ma a proporre che in quel luogo si facesse sorgere un centro abitato, a presiedere alla sua nascita, a chiedere che avesse dignità di comune autonomo (la ottenne nel1821, dopo aver vinto la resistenza opposta da Tempio, del cui territorio quel luogo faceva parte), era stato un ufficiale dell'esercito sardo-
Il paesino, che aveva allora poche centinaia di abitanti, fu chiamato Santa Teresa per rendere omaggio alla regina che aveva lo stesso nome della santa e la sua chiesa fu intitolata a San Vittorio in onore del sovrano.
Questo territorio, nel corso di una storia lunghissima, aveva conosciuto vicende non tutte felici: vi si erano insediate comunità nuragiche, vi erano passati fenici e punici, i romani vi avevano fondato due centri, quelli di Tibula e di Lungonis, vi si erano affrontati genovesi e pisani, Eleonora d'Arborea vi aveva eretto un castello; in seguito era venuto il dominio aragonese, infine quello sabaudo.
Santa Teresa nasceva in luoghi che per lunghissimo tempo erano stati quasi completamente spopolati.
Era, e continuò ad essere fino a tempi relativamente recenti, un borgo di contadini, di pastori, di pescatori ai quali il porto posto nel profondo fiordo di Longone assicurava un approdo sicuro.
A determinare il mutamento decisivo, negli anni intorno al 1950, fu il turismo.
Il paese poteva contare, oltre che sullo stretto collegamento con la Corsica, su un territorio che abbraccia circa 70 chilometri di coste (dal confine di Aglientu ad ovest a quello orientale di Palau, segnato dalla foce del Liscia) fra le più belle e per più versi singolari che la Sardegna possieda.
Vi sono lunghe spiagge dall'ampio arco di Rena Maiori, tratti di costa, come nell'insenatura di La Colba, dove spiaggette, scogli affioranti e alte rocce granitiche convivono in una suggestiva commistione.
E vi è, ad ovest della cittadina, il Promontorio di Capo Testa, proteso verso occidente, nel quale sembrano raccogliersi tutte le immagini dei modi infiniti in cui si possano unire il mare, il granito e la vegetazione.
Alla terraferma è unito da un sottile istmo sabbioso che divide due spiagge (Rena di Ponente e Rena di Levante) disposte in modo che una sia sempre al riparo dal vento.
Vi sono insenature chiuse da rocce che si gettano a picco nel mare, brevi spiagge, scogliere scolpite dal vento in cento forme, il faro che getta la sua luce sulle Bocche, verso la Corsica vicinissima nelle giornate chiare, e vi è la famosa Cala Grande (oggi più nota come Valle della Luna), profonda insenatura rocciosa nella quale prima i romani e poi i pisani ebbero le loro cave di granito.
Vasta e molto bella è la Spiaggia di Rena Bianca, posta ai piedi dell'abitato e collegata al suo centro da una ripida discesa, che si affaccia sulle Bocche di Bonifacio.
Di là dal porto, approdo dei traghetti che con grande frequenza collegano Santa Teresa con la Corsica ed in grado di accogliere un intenso traffico turistico, si leva un alto colle, oggi in parte invaso da insediamenti turistici, che culmina nella Punta Falcone, estremo lembo settentrionale della Sardegna.
Ai suoi piedi si apre la Spiaggia della Marmorata, posta in una inse-
Le spiagge e i villaggi turistici (quelli di Conca Verde e della Valle dell'Erica) e le brevi sporgenze della costa che li dividono si susseguono verso sud, fino al Fiordo di Porto Pozzo, che la penisola di Coluccia, (tormentata massa granitica collegata alla terraferma da un basso fondale sabbioso) divide dalla Foce del Liscia e dal confine di Palau.
In tutto il territorio restano tracce significative di un lungo passato: vi sono le cave di granito di Capo Testa dalle quali i pisani trassero la pietra utilizzata nella costruzione del Battistero e del Duomo della loro città; a poca distanza dall'abitato, presso la strada per Castelsardo, vi sono gli avanzi dell'insediamento nuragico di Brandali, che comprende un nuraghe, le tracce d'un villaggio e un tempio nuragico nel quale furono rinvenuti numerosi resti umani.
Accanto alla riva del mare, lungo la strada per Capo Testa, sorge la chiesetta medioevale di Santa Reparata, di struttura elementare e intonacata di bianco.
Più recente (fu costruita nell'Ottocento) e di struttura più complessa è la Chiesa di Nostra Signora di Buon Cammino, posta a pochi chilometri dall'abitato, lungo la strada per Palau.
Ha pianta a croce, La cupola che si leva sul presbiterio e un piccolo portico sul lato sinistro. Sul sommo della facciata vi è una statua della Madonna.